5° Domenica di Quaresima (forma ordinaria)

(Ger 31,31-34;   Ebr 5,7-9;   Gv 12,20-33)

Duomo di Belluno, sabato 21 marzo 2015

 “ ‘Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me’. Gesù disse questo per indicare di quale morte doveva morire”.

 Gesù sarebbe stato crocifisso. Gesù prevedeva che sarebbe stato crocifisso; e a noi fa impressione la sua chiarezza nel prevedere la sua morte e la modalità della sua morte: morte di croce. Alcune circostanze lo orientavano in questa direzione.

Erano già due anni che egli aveva iniziato a predicare e a percorrere le strade della Palestina annunciando il Regno di Dio, regno di misericordia e di affrancamento da rigide norme cultuali e morali vòlte più a schiavizzare l’uomo che a fargli vivere un vero, sereno e gioioso rapporto con Dio. I custodi della legge di Mosè e i detentori del potere religioso si sentivano minacciati nel loro insegnamento e nella loro autorità. Per di più quel rabbì di Nazareth compiva miracoli e cose portentose: guariva ciechi, sordi, muti, risuscitava morti, sfamava folle immense con pochi pani e pochi pesci…; la gente lo cercava, lo seguiva, voleva farlo addirittura suo re! ne era conquistata. Un nuovo fermento percorreva tutta la Palestina, e il fenomeno appariva inarrestabile. Sarebbe stato facile per i capi del popolo e le guide religiose accusarlo davanti al procuratore romano, l’autorità civile, di tentativo di sommossa e di sedizione, ed ottenerne così la condanna a morte nella modalità prevista per i sediziosi: la morte di croce. Così come di fatto avvenne.

Gesù percepiva e immaginava tutto ciò, e disse ai suoi apostoli: “Sarò innalzato da terra”, sarò messo in croce. Ma quando sarò stato messo in croce, “attirerò tutti a me”.

Gesù dalla croce ci attira. Ci attira perché egli in croce è la prova più chiara, più inequivocabile e più incontrovertibile che siamo amati. E l’amore attira. Ai piedi di un crocifisso su uno dei nostri monti ho trovato scritto: “Non furono i chiodi a tenere Gesù in croce, ma il suo amore per te e per me”. Siamo stati amati; amati anche se peccatori! amati anche se responsabili di quella croce!

San Pietro Crisologo, in un suo momento di contemplazione del Crocifisso scrive, immaginando che sia Gesù a parlare: “Forse vi copre di confusione la gravità della passione che mi avete inflitto. Non abbiate timore. Questa croce non è un pungiglione per me, ma per la morte. Questi chiodi non mi procurano tanto dolore, quanto imprimono più profondamente in me l’amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi. Venite, dunque, ritornate. Sperimentate la mia carità e la mia tenerezza, che ricambia il male col bene, le ingiurie con l’amore, ferite tanto grandi con una carità così immensa”. Siamo amati. Siamo attirati da quell’amore. Non riusciamo a resistervi. “Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”.

Un ultimo pensiero.  Ce lo suggerisce l’evangelista Giovanni con il verbo greco che egli usa per dire “innalzare”. Quel “quando sarò innalzato” Giovanni lo rende col verbo “ypsòo” ( ̔υψόω ). “Ypsòo” non è il verbo più proprio per dire “innalzare, sollevare”, e quindi per indicare Gesù innalzato sulla croce. In greco il verbo più proprio per dire “innalzare, sollevare” è il verbo “àiro”     ( ἁίρω ). Ma Giovanni ricorre al verbo “ypsòo” perché “ypsòo”, oltre a voler dire “innalzare”, vuol dire anche “esaltare, glorificare”. Per Giovanni Gesù in croce è il Gesù glorioso, è il Gesù esaltato e glorificato dal suo amore, dal suo sacrificio per noi, dalla sua morte in croce per noi. Gesù in croce è gloria; è la gloria del Padre, che nel Figlio mostra al mondo tutto il suo amore per il mondo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3,16); ed è la gloria di Gesù stesso, perché non c’è gloria più grande che amare; e Gesù non è mai stato così glorioso come sulla croce; sulla croce lo fu più di quando predicava  e tutti lo ascoltavano, più di quando guariva e compiva miracoli e tutti lo cercavano.

Dalla croce, trono glorioso e trono d’amore, egli ci attira a sé, e noi andiamo a lui, ci stringiamo a lui senza resistenze, senza poter farne a meno, perché nessuno ci ha amato così tanto, nessuno ci ha amato così profondamente e così totalmente. Andiamo a lui per amarlo e per ringraziarlo; e anche per imparare ad amare, così che possiamo diventare gloriosi anche noi; gloriosi della sua gloria.

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