6a domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

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(Rm 6,3-11;   Mc 8,1-9)

Belluno, chiesa di s. Stefano, 26 giugno 2016

“Sento compassione per la folla;ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Se li rimando digiuni alle loro case, verranno meno lungo il cammino; e alcuni di loro sono venuti da lontano”. Il cuore di Gesù provò compassione. Gli fece compassione quella folla che, pur di vederlo, pur di ascoltarlo, aveva dimenticato se stessa al punto da essere rimasta senza cibo. “Sento compassione per la folla”, disse, e moltiplicò per quella folla i pani e i pesci.

Molte volte Gesù mostrò compassione. Fu preso da compassione al vedere il corteo funebre del figlio della vedova di Nain portato alla sepoltura (Lc 7,13); fu preso da compassione davanti ai due ciechi di Gerico che gridavano a lui (Mt 20,34); fu preso da compassione davanti al lebbroso che gli chiedeva di essere guarito (Mc 1,41); fu preso da compassione davanti alle folle che erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore (Mt 9,36); fu preso da compassione, fino alle lacrime, di fronte al destino tragico di distruzione che avrebbe colto Gerusalemme (Lc 19,41) e di fronte alla tomba dell’amico Lazzaro morto (Gv 11,33-35).

Gesù era uomo capace di compassione; era l’incarnazione perfetta della compassione di Dio annunciata e proclamata già nell’Antico Testamento. Nel libro di Osea Dio dice: “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione. Non darò sfogo alla mia ira, perché sono Dio e non uomo” (Os 11,8-9). Nel libro delle Lamentazioni Dio dice: “Avrò compassione di loro come un padre ha compassione del figlio”. E poco più avanti dice: “Le misericordie del Signore non sono finite, non è esaurita la sua compassione, essa è rinnovata ogni mattina” (Lam 3,17. 22). Dio è un Dio di compassione e Gesù fu un Gesù di compassione. La loro compassione giunse fino al punto che il Figlio di Dio, incarnatosi, si lasciò affiggere ad una croce per salvare l’umanità peccatrice.

La compassione è l’atteggiamento che l’uomo deve assumere nei confronti dell’uomo, è lo sguardo che l’uomo deve avere per il fratello. Ogni uomo, al di là delle apparenze, porta in sé bisogni profondi: bisogno di essere accolto, di essere ascoltato, di essere capito, stimato, rassicurato, compatito, amato, perdonato, incoraggiato. Ogni uomo è un povero, un mendicante, un bisognoso, anche quando ostentasse forza, potere e autosufficienza; anche quando rivendicasse piena autonomia. Siamo tutti deboli, viandanti per via, ciascuno capace di camminare col proprio passo, più o meno veloce, più o meno deciso. Siamo tutti bisognosi di compassione.

Ostacolo alla compassione è il giudizio; è il pretendere che l’altro sia perfetto, senza limiti e difetti. Papa Francesco ha invitato alla compassione con parole forti; ha detto: “Fuggiamo l’atteggiamento dei farisei e coltiviamo quel ‘realismo evangelico’ che si impegna con l’altro, con gli altri, e non fa degli ideali e del ‘dover essere’ un ostacolo per incontrarsi con gli altri nelle situazioni in cui si trovano”.

La compassione è piena, perfetta, quando è fattiva e operosa, come quella di Gesù, che intervenne e moltiplicò i pani e i pesci per la folla affamata. La compassione dev’essere umile, accompagnata dalla consapevolezza che noi stessi non siamo perfetti e senza difetti, a nostra volta bisognosi di compassione; per cui non ci pensiamo migliori di nessuno.

La compassione ci fa simili al Signore, che è ricco di compassione e di bontà. Portiamo, col suo aiuto, gocce di compassione nel mondo; sono gocce tanto benefiche e tanto necessarie.

don Giovanni Unterberger

 

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