4a Domenica di Quaresima (forma straordinaria)

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(Gal 4,22-31;   Gv 6,1-15)

Belluno, chiesa di S. Stefano, 26 marzo 2017

E’ coraggiosa la Chiesa nell’invitare i suoi figli alla gioia! Chi ha il coraggio oggi di dire a qualcuno: “Sta contento, gioisci, sta allegro”, con tutto il peso di vita che ciascuno si porta dentro? Al massimo riusciamo forse a dire: “Coraggio; porta pazienza; vedrai che le cose si risolveranno; ma dire “Rallegrati, sta contento, gioisci…” non ci è facile, e forse non siamo capaci di dirlo. La Chiesa invece apre la Liturgia di questa domenica ‘Laetare’ dicendo (l’abbiamo sentito nell’Introito): “Rallegrati, Gerusalemme; esultate, gioite!”

La gioia -si dice- è caratteristica del cristiano. Ma come fa il cristiano ad essere nella gioia, caricato com’è, anch’egli, di pesi, fatiche e sofferenze, al pari di ogni uomo? L’epistola ci ha raccontato di Abramo che ebbe due figli: Ismaele, avuto per propria iniziativa dalla schiava Agar, e Isacco, figlio della promessa, da Sara. Dio portò avanti la storia della salvezza non attraverso l’opera personale e ingegnosa di Abramo, ma agendo per vie inimmaginate, attraverso un figlio donato. Dio -ci dice questo brano- agisce dentro la storia secondo disegni impensati, diversi dai nostri pensieri; agisce in modo che sembra non agire; e invece opera ed agisce. Anche il Vangelo ci ha mostrato l’agire di Dio in modo impensato: Gesù sfamò una folla con soli cinque pani.

Ecco la sfida: credere che Dio agisce nella storia a salvezza dell’uomo. Questa fede, fede che nelle vicende umane, sia in quelle grandi del mondo, che in quelle più modeste nostre personali, è presente la mano e l’opera di Dio che sta portando tutto a compimento, è per noi il motivo di serenità e di quiete, di pace, e perfino di gioia. Ci dà sicurezza.

Scrive don Giussani: “Come Cristo ha accettato dal Padre che la forza redentrice che aveva dentro di sé si scandisse lentamente e nascostamente in millenni di storia, mentre in un solo momento avrebbe potuto realizzarsi e cambiare il mondo; come Cristo ha accettato dal Padre di restare in Palestina, mentre la gente che meglio lo avrebbe accettato -come dice il Vangelo- era a Tiro e a Sidone, città pagane; come Cristo ha accettato di essere crocifisso nel tempo fissato dal Padre, così noi non saremmo in linea con la storia di Cristo se ci scandalizzassimo perché non vediamo in che senso le nostre cose grevi e opache abbiano significato dentro un compimento, dentro il compimento che Dio va operando. Questa è la fede: credere che in ciò che viviamo si realizza il mistero del compimento. Le cose sono ancora grevi e opache, ma Dio in esse agisce. Cristo morì senza vedere le cose cambiare, ma in quella morte Dio operò; così ognuno di noi è destinato a vivere la stessa traiettoria. Se il Padre ha trattato il Maestro così, tratterà così anche i discepoli. Le cose sono grevi e opache, ma in esse è presente la potenza di Dio, e il cristiano le vive con fiducia e letizia”.

Ecco il fondamento della gioia; fondamento forte e sicuro. Fondamento forte, incrollabile e  sicuro di gioia non sono le cose che vanno bene, perché non sempre le cose vanno bene, non sempre vanno come vorremmo noi che andassero. Fondamento forte, incrollabile e sicuro di gioia è la fede certa che in tutto ciò che accade, in ogni avvenimento della vita, anche nelle situazioni difficili e dolorose, anche in quelle difettose e rovinate che noi non riusciamo a rimediare e a sanare, è presente l’azione di Dio che porta a salvezza e a compimento tutto.

Domenica ‘Laetare’ è la domenica di oggi; domenica della gioia. Ma, ancor più, è domenica della fede; domenica in cui domandare un ‘di più’di fede, per avere la gioia.

don Giovanni Unterberger

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