Solennità di Natale del Signore (messa del giorno)

Caravaggio – Adorazione dei pastori – 1609

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(Is 52,7-10;   Ebr 1,1-6;   Gv 1,1-18)

Duomo di Belluno, 25 dicembre2019

Il mondo è nel peccato; noi siamo nel peccato. Quanti peccati vengono commessi ogni giorno nel mondo! Quanta rovina nel mondo!Siamo caduti in un burrone, l’umanità è caduta in un burrone, burrone di male da cui non riesce a liberarsi, burrone da cui non riesce a risalire.

Alessandro Manzoni, nel suo Inno ‘Il Natale’, paragona l’umanità ad un grosso masso staccatosi dalla cima di un monte, che per il suo grande peso rotola giù giù lungo il fianco della montagna, fino ad arrivare in fondo, a valle, e lì fermarsi immobile; incapace del tutto di ritornare su da dove è partito, da dove è caduto. Destinato per sempre a rimanere là, senza più rivedere la cima e il sole. Sentiamo le sue parole:

“Qual masso che dal vertice di lunga erta montana,
abbandonato all’impeto di rumorosa frana,
per lo scheggiato calle precipitando a valle,
batte sul fondo e sta;
là dove cadde, immobile giace in sua lenta mole;
né, per mutar di secoli, fia che riveda il sole
della sua cima antica, se una virtude amica

in alto nol trarrà:
tal si giaceva il misero figliol del fallo primo,
dal dì che un’ineffabile ira promessa all’imo
d’ogni malor gravollo, donde il superbo collo
più non potea levar”.

E il poeta continua dicendo: mai l’uomo avrebbe potuto sperare, da solo, di potersi salvare:

“Qual mai tra i nati all’odio, quale era mai persona
che al Santo inaccessibile potesse dir: perdona?
far novo patto eterno? al vincitore inferno
la preda sua strappar?”

Ma all’uomo è stato dato un Salvatore, a Betlemme è nato per lui un Bambino che è il Messia, il Dio fatto uomo; grazie a quel Bambino l’uomo può ancora sperare, può essere riportato all’antico splendore ed essere rifatto dentro:

“Ecco ci è nato un Pargolo, ci fu largito un Figlio:
le avverse forze tremano al mover del suo ciglio:
all’ uom la mano Ei porge, che sì ravviva, e sorge
oltre l’antico onor”.

Una mano dal Cielo ci è offerta e vuole afferrare la nostra mano. A noi prendere quella mano, mano di salvezza, per essere guariti, sanati, resi buoni e santi. L’evangelista Giovanni ha detto nel Vangelo: “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non l’ ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l‘hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”. E’ il dramma della libertà umana; l’uomo di fronte alla mano salvifica di Dio può stendere la propria mano per prendere quella mano, oppure trattenere la propria mano a sé, e lasciare la mano di Dio nel vuoto.

Liberi, davanti a Dio. Costruttori del nostro destino. Salvati o perduti. La salvezza viene da Dio, ma che arrivi a noi dipende da noi. Davanti alla stalla di Betlemme, e al nato Bambino che vagisce adagiato sul fieno di una mangiatoia (ed è Dio!), noi sentiamo tenerezza nel nostro cuore. E’ bella quella tenerezza, ma abbiamone altrettanta per noi, sentiamo tenerezza anche per noi. Accogliere Cristo, accettare il suo Vangelo, fare di Gesù la guida, l’amico, il senso della propria vita è sommo gesto di tenerezza verso se stessi. Perché è gesto che salva; e di salvezza abbiamo bisogno.

don Giovanni Unterberger

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