3^ domenica di Pasqua

Michelangelo – Cena di Emmaus – 1606

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(At 2,14a. 22-33;   1Pt 1,17-21;    Lc 24,13-35)

Duomo di Belluno, 26 aprile 2020

‘Recuperàti’ può essere il titolo dato al brano di Vangelo dei due discepoli di Enmmaus. Quei discepoli se ne stavano tornando al loro villaggio, alla vita di tutti i giorni, la vita prima dell’incontro avuto con Gesù; se ne tornavano ‘senza di lui’; il Maestro ormai era morto…; e il loro cuore era mesto, triste, appesantito da quanto accaduto. Ma Gesù risorto si accostò a loro, cominciò a fare strada insieme, a parlare al loro cuore, a spezzare il pane eucaristico davanti ai loro occhi; e li recuperò a sé. Quei due discepoli invertirono i propri passi, tornarono felici a Gerusalemme, e saranno diventati per tutta la vita -il Vangelo non lo dice, ma lo possiamo immaginare- testimoni entusiasti del Risorto.

Gesù era ‘specialista’ nel recuperare. Aveva recuperato la Maddalena, la prostituta che gli bagnò, pentita, i piedi con le proprie lacrime, Zaccheo e Matteo dal banco dell’ingiusto guadagno, Pietro dopo il rinnegamento della notte di passione. Gesù recuperava, recuperava… Era il suo ‘mestiere’, la missione ricevuta dal Padre, il compito per cui era venuto tra gli uomini. “Non sono venuto per condannare, ma per salvare”, egli disse (Gv 12,47).

E’ la sua missione di sempre. Ce lo direbbe sant’Agostino; ce lo direbbe santa Margherita da Cortona (1247-1297), convissuta vari anni con un uomo e poi datasi a una vita di grande preghiera e di generoso servizio ai poveri e agli ammalati; ce lo direbbe Jacques Fesch, morto a 27 anni sotto la lama della ghigliottina a Parigi, nel 1957, per aver ucciso un agente di polizia dopo una giovinezza vissuta nel disimpegno e nel vizio, ma convertitosi nel tempo del carcere e morto offrendo la vita a Dio in riparazione del male compiuto. Ce lo direbbero infinite persone recuperate alla salvezza da Cristo lungo i secoli; e ce lo potrebbero dire ancor oggi i molti che Gesù trasforma e converte, per mezzo di Maria, nei santuari di Lourdes, di Medjugorje e di altri luoghi di preghiera sparsi nel mondo.

Gesù è sulle tracce dell’uomo; lo raggiunge, lo accompagna, gli fa arrivare imput e messaggi, inviti e richiami, tutti vòlti a recupero e a salvezza. Egli è quel misterioso e abile vasaio di cui parlava il profeta Geremia, che non elimina e getta il vaso che non gli fosse perfettamente riuscito, ma lo riprende in mano, reimpasta la creta, e la modella secondo il suo iniziale progetto (cfr Gr 18,1-6). Non c’è situazione compromessa che egli non possa sanare; sbaglio ed errore che egli non sappia ‘aggiustare’; peccatore, per quanto invischiato nel male, che egli non abbia la forza di convertire. Forse abbiamo avuto modo anche noi, nella nostra vita, di osservare in qualche persona ‘miracoli’ di questo genere.

E probabilmente ci siamo sentiti non stessi, e più volte, recuperati e ripresi a salvezza dal Signore; recuperati da stati di tristezza, di abbattimento, di incertezza e di solitudine, di dubbio e di pericolo; da situazioni di compromesso col male, da vizi e peccati in cui eravamo caduti. Gesù è ‘specialista’ nel recuperare!

E noi possiamo aiutarlo in questa missione. Santa Teresa del Bambino Gesù a 14 anni venne a sapere di un certo Enrico Pranzini, pluriomicida e condannato a morte, che rifiutava ostinatamente ogni invito alla fede, e insieme alla sorella Celina cominciò ad offrire preghiere e sacrifici al Signore per la sua conversione. Quell’uomo, ormai sul patibolo, poco prima dell’esecuzione, prese in mano il Crocifisso che il sacerdote accanto a lui aveva, e ripetutamente lo baciò. Nel tempo passato era viva la preghiera per la conversione dei ‘poveri peccatori’ (così venivano chiamati); in particolare era riservato a questa preghiera il venerdì, giorno della passione e morte del Signore. E’ una pratica che può essere lodevolmente ripresa. “Animam salvasti, tuam praedistinasti”, diceva sant’Agostino: hai salvato l’anima di un tuo fratello, hai messo al sicuro la salvezza della tua.

A Emmaus, quella sera, i due discepoli non tornarono più: erano stati recuperati da Gesù. Lasciamoci continuamente recuperare anche noi dal Signore, e desideriamo, con lui, recuperare a salvezza quanti più fratelli possiamo.

don Giovanni Unterberger

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