6^ domenica di Pasqua

Tiziano Vecellio – Pentecoste – 1545

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(At 8,5-8. 14-17;   1Pt 3,15-18;   Gv 14,15-21)

Duomo di Belluno, 17 maggio 2020

Gesù quella sera, l’ultima della sua vita, parlò agli apostoli d’amore. Erano le parole supreme che egli si sentiva di dire loro, prossimo ormai a morire. Nel corso dei due anni e mezzo trascorsi in loro compagnia egli aveva detto molte cose e dato molti insegnamenti, ma in quel momento non gli riusciva che parlare d’amore. Di un duplice amore: l’amore per lui, e l’amore di lui. Due amori, l’uno di fronte all’altro.

“Se mi amate…”, disse; e “chi mi ama…”: era l’amore degli apostoli che egli desiderava ricevere da quei suoi amici. E poi l’amore suo, quello che egli desiderava dare loro: “Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui”. Amore di creatura l’uno, amore di Creatore l’altro; piccolo e limitato il primo, infinito e senza confini il secondo. Sproporzione che Gesù accettava! Chissà se gli apostoli avranno colto, quella sera, l’infinita distanza tra quei due amori, l’infinita loro diversa misura!

L’amore di Gesù conteneva qualcosa di straordinario, di sconfinato e di divino: “Pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità”. Era la promessa dello Spirito Santo: Gesù l’avrebbe implorato e ottenuto dal Padre per loro, perché fosse il loro compagno di viaggio, la loro luce, la loro forza, il loro consolatore e il loro avvocato e difensore (questo significa la parola ‘Paraclito’). Senza lo Spirito Santo l’uomo è perso; è in balìa della propria fragilità, assalito e vinto dalle proprie passioni e istinti peccaminosi; solo lo Spirito Santo lo può creare e ricreare sempre di nuovo, per una vita buona, santa e di grazia. “Manda il tuo Spirito, Signore, e sarà rinnovata la faccia della terra”, pregava già l’antico salmista (Sal 104,30). Gesù promise, quella sera, lo Spirito Santo.

E poi: “A chi mi ama mi manifesterò”. Secondo grande dono dell’amore di Gesù: Gesù si vuole manifestare all’uomo, vuole farsi conoscere, aprirgli il cuore; rivelargli la sua bontà, la sua misericordia, la sua tenerezza, la sua fedeltà che resiste  ad ogni offesa, ingratitudine e abbandono. Vuole dirgli: ‘non temere, io sono con te; ti ho riscattato e redento; sono morto per te, e se fosse necessario, salirei di nuovo in croce perché tu possa essere salvo per sempre e arrivare in paradiso’.

A fronte di tale amore stava l’amore degli apostoli, sta il nostro amore: piccolo, povero, fragile, incerto, malato… Come rispondere in modo degno e in misura adeguata a quell’amore? Non ce la faremo mai… Ci viene in aiuto, a nostro conforto, san Bernardo, che dice: “E’ certo che l’uomo non potrà mai raggiungere il livello della fonte perenne dell’amore, e che non potranno mai essere equiparati l’amante e l’Amore, l’anima e il Verbo, il Creatore e la creatura. Ma che importa tutto questo? Sebbene infatti la creatura ami meno, perché è inferiore, se tuttavia ama con tutta se stessa, non le resta nulla da aggiungere. Nulla manca dove c’è tutto. Ella può ritenersi degna sposa dell’Amore!”

“Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”, ci dice Gesù. Ecco il modo di amare Gesù: osservare i suoi comandamenti, mettere ogni sforzo per compiere ciò che egli desidera che facciamo; tenerlo continuamente presente per fare la sua volontà, per compiere ciò che gli è gradito, e non disgustarlo mai in nulla.  Con questo sforzo e impegno continui, e continuamente rinnovati, noi daremo al Signore la risposta che possiamo dare; e benché essa sia inferiore al suo amore infinito per noi, gli sarà bastevole e sufficiente; appagherà pienamente il suo cuore!

don Giovanni Unterberger

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