Festa di San Francesco d’Assisi – forma straordinaria

Caravaggio – San Francesco in meditazione – 1605

(Gal 6,14-18;   Mt 11,25-30)

Belluno, chiesa di san Pietro, 4 ottobre 2020

Dall’umile san Francesco d’Assisi, basso di statura, debole e gracile di salute, vissuto solo quarantaquattro anni, dal 1182 al 1226, il Signore trasse un’opera e un bene immenso per la Chiesa. Quattro furono i papi francescani lungo i secoli, a cominciare da Nicolò IV, eletto papa solo sessantadue anni dopo la morte del Santo; numerosi furono e sono i cardinali e i vescovi francescani. Le tre famiglie dell’Ordine (Minori, Cappuccini e Conventuali) oggi nel mondo contano circa 27.500 frati; e circa 6.600 sono le monache clarisse di clausura, figlie di santa Chiara, a sua volta discepola di san Francesco.

San Francesco sarebbe il primo dal cielo a dire che ciò non è merito suo, ma solo frutto della grazia di Dio; e in effetti tutto ciò che il Signore compie con ciascuno dei suoi figli è opera sua. San Martino de Porres era soltanto fratello cooperatore di un convento, non fu accettato tra i domenicani sacerdoti di Lima, in Perù, perché meticcio e figlio illegittimo di una schiava; non fondò nulla, non diede inizio a nessun movimento religioso particolare, ma nella sua vita, vissuta dal 1579 al 1639, raggiunse le più alte vette della santità. Non è dagli esiti che si misura la santità di una persona, ma dal suo amore per Dio.

E di amore per Dio san Francesco ne ebbe molto. Lo conobbe come ‘padre’. San Francesco era figlio di messer Bernardone, un ricco commerciante di stoffe ad Assisi, con commerci dagli sbocchi anche lontani, perfino in Francia; tanto che proprio da quei commerci in Francia il bambino, una volta nato, fu chiamato Francesco. Messer Bernardone era ricco, e Francesco, suo figlio unico, avrebbe ereditato un’industria ben avviata, non avrebbe avuto problemi e preoccupazioni economiche in tutta la via; eppure guardò più in alto, guardò a Dio; e colse Dio come ‘padre’, padre più del suo stesso padre terreno, tanto che all’età di 24 anni, con un gesto che lasciò attonita tutta Assisi, rinunciò ad ogni eredità paterna, e nella piazza più grande della città si denudò davanti al vescovo Guido che, per pudore, lo avvolse col proprio mantello. Francesco restituì al padre perfino le vesti che indossava, e sposò la povertà; non volle possedere più nulla, il Signore era diventato la sua eredità, la sua ricchezza.

Chi crede nella paternità di Dio, di quel Dio che come disse Gesù- si prende carico anche degli uccelli del cielo e dei fiori del campo, sperimenta, accanto alla fiducia, pace e serenità; si accontenta di poco per ogni giorno, gode di libertà interiore dalle cose e da tutto. Si fida di Dio.

San Francesco vide nel creato un dono e un riflesso del Padre del cielo. Si ritirò nella natura, visse in grande solitudine tra boschi e in grotte, guardando e osservando panorami e orizzonti; ammirando il sole, il vento, l’acqua, il fuoco, la terra, i fiori, i frutti, e tutto gli parlava di Dio, di un Padre generoso. Conosciamo il suo celebre ‘Cantico delle creature’. L’ecologia di san Francesco non partiva e non si restringeva al solo aspetto utilitaristico della salvaguardia del creato in quanto casa dell’uomo di cui abbiamo bisogno, ma partiva da più in su, partiva dal creato come dono di Dio, dono del Padre celeste per i suoi figli; e il suo rispetto, la sua ammirazione, la sua gratitudine per le creature era grande, perché gli parlavano del Signore. Occorre saper vedere, saper contemplare, perché nulla di ciò che esiste resti muto.

E la paternità di Dio gli fece scoprire la fratellanza con gli uomini, anche con i più ributtanti; conosciamo l’episodio del suo incontro col lebbroso, in cui gli gettò le braccia al collo e lo baciò. Se Dio era padre suo, era padre anche di quel povero, di quel malato, che tutti evitavano e nessuno voleva avvicinare; era padre di tutti. La paternità di Dio non è solo un regalo e un dono, è anche un impegno, una chiamata, un’esigenza d’amore verso i fratelli.

San Francesco scoprì Dio come ‘padre; egli ci aiuti a fare la stessa sua esperienza, a non sentirci orfani mai, ma sempre ‘figli’, e ‘fratelli’ di tutti.

don Giovanni Unterberger

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