29^ domenica del Tempo Ordinario

Tintoretto – Lavanda dei piedi – 1548

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(Is 53,10-11;  Ebr 4,14-16;  Mc 10,35-45)

Sabato 16 ottobre 2021, risalente a sabato 20 ottobre 2012

Gesù non è venuto per essere servito, ma per servire. Egli sarebbe stato l’unico degno di essere servito, perché era Dio; degno di essere servito totalmente, completamente, e nel modo più pieno, e da ogni creatura. E invece venne a servire. Gli apostoli Giacomo e Giovanni desideravano tanto essere serviti, dominare, essere più in su di tutti. Gesù si mise a servire; in fondo a tutti. Quanto noi siamo ancora a livello di Giacomo e Giovanni! Quanto abbiamo bisogno di guardare a Gesù! di imparare da lui a servire!

Isaia e la lettera agli Ebrei ci hanno indicato il modo in cui Gesù si fece nostro servo: dando la vita.  “Al Signore è piaciuto prostrarlo”, ci ha detto Isaia. Gesù ha offerto se stesso “in sacrificio di riparazione”. La parola “sacrificio di riparazione” in ebraico è “ashàm” (אָשׇׁם), e questa parola, “ashàm”, indicava la vittima sacrificale, l’agnello o l’ariete che veniva ucciso, posto sull’altare e bruciato, per ottenere il perdono dei peccato. Chi aveva peccato saliva al tempio di Gerusalemme, portava con sé, o acquistava sul posto, un agnello o un ariete, a seconda del peccato commesso, lo metteva in mano al sacerdote, che lo uccideva e lo offriva in sacrificio sull’altare. In tal modo il peccato veniva riparato, veniva perdonato. Ora, Gesù è questo “ashàm”, questa vittima di riparazione sacrificata per noi sull’altare della croce.

E insieme, oltre che essere vittima sacrificale, Gesù è anche il sacerdote. E’ proprio del sacerdote infatti offrire il sacrificio, e Gesù offrì se stesso in sacrificio; egli è dunque vittima e sacerdote insieme. Infatti la lettera agli Ebrei ci ha detto: “Abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli (cioè che è morto e risorto e che con la sua morte e risurrezione ha attraversato i cieli ed è arrivato fino a Dio), Gesù, il Figlio di Dio”, che si è sacrificato per noi sulla croce.

La misura del servizio di Cristo all’umanità, al mondo, a ciascuno di noi è la croce, è la morte in croce. Servizio di sangue, servizio d’amore!

A quel servo di sangue, a quella vittima d’amore, Giacomo e Giovanni chiesero gloria, onore e potere. Quanto erano distanti dal loro Maestro Giacomo e Giovanni! E quanto è distante da Gesù ogni cristiano che cercasse l’affermazione di sé e la propria gloria!

La provocazione della Parola di Dio di questa Liturgia è a farci discepoli di Cristo vittima e sacerdote, per servire. Col battesimo tutti noi siamo diventati sacerdoti, partecipi del sacerdozio di Gesù, insigniti del sacerdozio comune dei fedeli. Ogni cristiano è abilitato da Cristo a rendere il culto gradito a Dio, a fare della propria vita una “liturgia”; e di tutta la propria vita una “liturgia”, non soltanto dei momenti di preghiera, ma dell’intera vita.

La materia del sacrificio non va presa fuori di noi, ma da dentro di noi; noi stessi siamo chiamati ad essere la vittima sacrificale. Gli antichi sacerdoti ebrei offrivano in sacrificio vittime esterne a sé (agnelli, vitelli, arieti, focacce di farina, incenso); Cristo invece offrì se stesso e la propria vita come vittima sacrificale, esercitando un sacerdozio superiore a quello dei sacerdoti ebrei. Noi partecipiamo del sacerdozio di Cristo, e, in conformità a lui, siamo chiamati a ricavare la materia del sacrificio da dentro di noi, da dentro la nostra vita, da dentro le nostre giornate.

Questo dà una dignità ed un valore grandissimi al nostro vivere. Ogni gesto, ogni azione, ogni parola può diventare culto e “liturgia”; anche ciò che a noi può sembrare di poco conto. Nulla è destinato a rimanere “profano”, tutto di noi può diventare “sacro”, anche la vita di famiglia, anche lo scambio affettuoso tra sposi, anche lo sforzo di educare i figli, anche la professione che esercitiamo, anche le fatiche e le sofferenze che dobbiamo sopportare, il tempo dell’anzianità e della vecchiaia. Tutto, proprio tutto, può diventare culto e “liturgia”, cioè servizio sacro. Liturgia è servizio a Dio, ed è anche, per estensione, il servizio ai fratelli.

Siamo chiamati a servire, e non a dominare, non a farci servire. Gesù ha tracciato una netta linea di demarcazione tra lo stile del mondo e lo stile dei suoi discepoli: “i governanti e i capi delle nazioni dominano su di esse -egli ha detto-, ma tra voi non dev’essere così. Voi dovete farvi servi gli uni degli altri, dovete saper donare la vita gli uni gli altri”.

Ecco il nostro compito, la nostra missione: essere servi, di un servizio che non è soltanto umano, ma che è realtà sacra, culto e “liturgia”.

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