In Paradiso

 

Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto.

Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto,

 ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. (Gv 14,2-3)

Il paradiso. Siamo fatti per il paradiso. In paradiso si sta bene. “Che paradiso!”, viene da dire alla fine di una giornata buona, serena e gioiosa trascorsa in pace e in armonia con persone amiche.   “Che paradiso!”, viene da esclamare alla fine di una Liturgia celebrata con solennità, con proprietà, con devozione.

In un paradiso fummo creati. L’uomo fu posto, ci dice la Sacra Scrittura, in un giardino, l’Eden, luogo di paradiso (Gn 2,15). In quel paradiso l’uomo era felice, stava bene ed era contento; non gli mancava nulla. Era in rapporto buono con Dio; viveva con Dio una relazione amica, confidenziale, di comunione. Era in rapporto buono con la donna, sentita come “carne della sua carne, osso delle sue ossa”, cioè parte di se stesso (Gn 2,23); era in rapporto buono col creato e con tutto l’esistente.

Ma l’uomo e la donna si ribellarono a Dio e persero quella felicità, persero il paradiso. Caddero in una voragine di rapporti spezzati. Dei cherubini, dice la Sacra Scrittura, si posero a difesa del paradiso, perché l’uomo e la donna non vi rientrassero (Gn 3,24). Quei cherubini, guardiani dell’Eden, non stavano a significare che Dio non avrebbe voluto più nessun paradiso per gli uomini, ma che gli uomini non sarebbero più stati capaci da soli di rientrare in paradiso, e che un nuovo paradiso lo avrebbe preparato e donato agli uomini Dio stesso.

Nell’uomo e nella donna delle origini, e così pure nel cuore di ogni uomo e di ogni donna della terra, è rimasta, ed è profonda, la nostalgia del paradiso.

Gli uomini stanno bene quando Dio regna nella loro vita. Nell’Eden Dio regnava, era riconosciuto come Dio e veniva obbedito; Adamo ed Eva erano felici. Quando nel cuore degli uomini alla signoria di Dio si sostituisce la tirannia dell’egoismo, della brama di possesso e delle cattive passioni, l’uomo soffre ed è nel dolore. Gli uomini stanno bene quando tra loro vivono e coltivano la pace, in piena comunione con tutti. Nell’Eden la comunione uomo-donna era perfetta, era piena, era totale, in anima e corpo. Quando sulla terra tale comunione si spezza, nel cuore dell’uomo e della donna ci sono sofferenza, tristezza e dolore.

L’uomo e la donna, ogni creatura, porta in sé, nel suo cuore un’insopprimibile, grande nostalgia di paradiso; desidera paradiso.

Il paradiso è possibile già qui sulla terra, almeno in una certa misura, se l’umanità si sforza e s’impegna, con l’aiuto di Dio, a vivere secondo lo stile del paradiso. Gesù, uomo totalmente sottomesso alla Signoria del Padre, e uomo di perfetta e totale comunione con gli uomini, ha inaugurato il nuovo paradiso sulla terra. Unendosi a lui, stringendosi a lui e vivendo come lui, gli uomini possono trasformare il deserto di un mondo rovinato nel paradiso di un mondo rinnovato.

Il paradiso pieno e perfetto per l’uomo, però, sarà il Cielo; sarà quella realtà che “occhio mai vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo”; ciò che Dio tiene preparato per coloro che lo amano” (1Cor 2,9), una cosa stupenda!

Cosa stupenda che il libro dell’Apocalisse descrive così: “Vidi un nuovo cielo e una nuova terra, la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suo popolo, ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte, né lutto né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. Colui che sedeva sul trono disse: ‘Ecco, io faccio nuove tutte le cose’. I suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà, e regneranno nei secoli dei secoli” (Ap 21,1. 3-5; Ap 22, 3-5).

Un paradiso meraviglioso, stupendo ci attende; “Vado a prepararvi un posto”, ci ha detto Gesù (Gv 14,2); posto che fece esclamare a san Paolo: “Sono stretto fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; sento però che devo rimanere ancora tra voi per sostenere la vostra fede” (Fil 1,23-25).

Posto stupendo, che fece dire a san Paolo in un’altra sua lettera: “Quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli. Perciò, in questa condizione, noi gemiamo e desideriamo rivestirci della nostra abitazione celeste… Dunque, sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo, preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore” (2Cor 5,1-2. 6-8).

Davvero il paradiso del Cielo che il Signore ci tiene preparato e in cui vuole introdurci per averci, eternamente felici, con sé, è una cosa straordinaria, bellissima, inimmaginabile, indicibile! Quel paradiso di Cielo dobbiamo desiderare; a quel paradiso dobbiamo prepararci con una vita buona e santa; quel paradiso dobbiamo, costi quel che costi, non perdere. Perdendolo, avremmo perso tutto: la gioia, la felicità, noi stessi; e per sempre.

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