3° Domenica d’Avvento 2014 (forma ordinaria)

(Is 61, 1-2.10-11;   1 Tess 5,16-24;   Gv 1,6-8.19-28)

Duomo di Belluno, sabato 13 dicembre 2014

Nessuno è destinato ad essere un nulla, a restare qualcosa di inutile e di insignificante nella vita. Dio ci vuole protagonisti. C’è un protagonismo buono e c’è un protagonismo cattivo; un protagonismo che costruisce e un protagonismo che avvelena.

Giovanni Battista aveva dato origine ad un movimento di grande rilievo. La gente accorreva a lui da Gerusalemme, dalla Giudea, e perfino dalla Galilea, e si faceva battezzare nel fiume Giordano. Le file dei suoi estimatori e seguaci si ingrossavano ogni giorno di più. La gente era entusiasta; lo considerava un rabbì inviato da Dio. Le alte sfere religiose capirono che non potevano ignorare quel fenomeno di massa, ed erano esse stesse confuse e sconcertate, tanto che i sommi sacerdoti e i farisei di Gerusalemme inviarono dei sacerdoti e dei leviti ad interrogare Giovanni: “Tu, chi sei? Sei Elia? Sei il profeta? Sei il Cristo, cioè il Messia?”.

Giovanni poteva sentirsi allettato da tanta stima e poteva cedere alla tentazione di cavalcare quella situazione a lui favorevole; viverla da protagonista. Poteva dire: “Sì, sono io il profeta, sono io il Messia”; ma sarebbe stato un protagonismo falso e sbagliato. Invece disse con tutta verità e con tutta umiltà: “Non sono io il Messia; io sono solo una voce che grida nel deserto: preparate la via al Messia”.

C’è tanto protagonismo sbagliato nel mondo, persone che vogliono essere sempre e a tutti i costi più degli altri, davanti agli altri, sopra gli altri. Persone che fanno la ragione della loro vita il primeggiare e il fare da padroni. È la tentazione che si annida nel cuore di ogni uomo.

Giovanni Battista ci insegna l’umiltà. E tuttavia Giovanni Battista non rinunciò ad essere protagonista, protagonista nel modo giusto, protagonista nel piano di Dio. Preparò, da protagonista, il riconoscimento del Messia in Israele.

La prima lettura ci ha presentato un protagonista di protagonismo vero, il Deuteroisaia. Egli ci ha detto: “Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore”.

Ecco un campo di protagonismo vero; un modo in cui possiamo essere protagonisti veri e autentici: metterci al servizio dei bisognosi; dire una parola buona e di conforto agli sfiduciati; fasciare con la carità le ferite dei cuori che soffrono; aiutare chi è schiavo della paura, della preoccupazione a liberarsene; aprire le porte del carcere del nostro cuore se vi tenessimo dentro qualcuno prigioniero del nostro odio, del nostro rancore.

In questi modi, nel campo dell’amore, possiamo essere grandi protagonisti! Sull’esempio del protagonista dei protagonisti, Cristo Gesù. Gesù nella sinagoga di Nazareth, in un giorno di sabato, tra lo stupore della gente, applicò a sé questo testo del Deuteroisaia (Lc 4,16-19). Davvero Gesù fu il grande, massimo protagonista! Egli prese l’iniziativa dell’impresa più straordinaria che si potesse pensare: si fece uomo; da Dio che era, si incarnò; venne ad abitare tra gli uomini, lui che abitava tra gli angeli; lasciò il trono del cielo per nascere in una stalla; prese su di sé il peso e il peccato dell’umanità di propria iniziativa, certo senza che nessuno glielo potesse imporre!

Di protagonismo c’è bisogno nel mondo; di protagonismo buono, sano, autentico. Del protagonismo di persone che non si lasciano vivere, ma che prendono in mano con coraggio e con forza la propria vita, le proprie situazioni, le proprie giornate; del protagonismo di persone che non vivono concentrate in se stesse, ma che fanno tutto ciò che possono per essere utili ai fratelli, per rendere questo mondo più buono, più umano, più vivibile.

Siamo chiamati ad essere protagonisti; non rinunciamo a questa vocazione! Dio ci vuole così.

Don Giovanni Unterberger

 

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