Solennità del Santo Natale (Messa della notte)

(Is 9,1-6;   Tito 2,11-14;   Lc 2,1-14)

25 dicembre 2015

Il Figlio di Dio, Dio, in una mangiatoia. “Lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia”. Non una reggia, non una casa signorile, non una casa comune, ma una mangiatoia; una stalla, una mangiatoia furono il luogo in cui fu deposto il nato Signore. “O cibo e pane degli angeli – esclama sant’Agostino – pane di cui gli angeli si saziano senza stancarsi e di cui si nutrono e vivono, dove ti trovi per causa mia? In una mangiatoia!”.

La luce guardò in basso e vide le tenebre. “Là voglio andare”, disse la luce. La pace guardò in basso e vide la guerra. “Là voglio andare”, disse la pace. L’amore guardò in basso e vide l’odio. “Là voglio andare”, disse l’amore. Dio guardò l’umanità, la vide perduta. “Là voglio andare”, disse Dio. “Voglio diventare uomo”.

Restiamo sorpresi di tanta bontà; ne restiamo stupiti; ne restiamo commossi! Ma non eravamo noi, dal fossato in cui eravamo caduti, a dover salire fino a Dio? No, è disceso lui fino a noi, fino nel nostro fossato! Dice un antico autore: “Dio non ebbe disprezzo per colui che fu spogliato del paradiso a causa di un inganno, perdendo così la veste che Dio stesso gli aveva intessuta. Di nuovo gli viene incontro chiamando con la sua santa voce l’irrequieto:‘Dove sei, Adamo?’ Non nasconderti più; ti voglio vedere anche se sei nudo, anche se sei povero; non provare più vergogna, ora che io stesso mi sono fatto simile a te. Malgrado che tu avessi gran desiderio, non sei stato capace di farti Dio, mentre io volontariamente, per te, mi sono fatto uomo”.

Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro. Dio è vicino alla bassezza, a ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono ‘perduto’, lì egli dice ‘salvato’. Dio in Gesù, nato bambino a Betlemme, salva. “Vi annuncio una grande gioia – dice l’angelo ai pastori – oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Abbiamo tra noi il Salvatore! Dio si è fatto uomo per salvarci, per portare al mondo il dono di salvezza.

“Sono nato nudo, dice Dio, perché tu sappia spogliarti di te stesso. Sono nato povero, perché tu possa considerarmi l’unica ricchezza. Sono nato in una stalla, perché tu impari a santificare ogni ambiente. Sono nato debole, dice Dio, perché tu non abbia paura di me. Sono nato per amore, perché tu non dubiti mai del mio amore. Sono nato di notte, perché tu creda che posso illuminare qualsiasi realtà. Sono nato uomo, perché tu possa essere ‘dio’. Sono nato nella semplicità, perché tu smetta di essere complicato. Sono nato nella tua vita, dice Dio, per portarti alla casa del Padre” (Lambert Nolen).

Dio, in Gesù, è nato per noi a salvezza. Noi guardiamo con fiducia e con gioia a quella mangiatoia. Da quella mangiatoia escono amore e misericordia. Da quella mangiatoia escono vagiti, vagiti di neonato, vagiti che un giorno diventeranno parole, parole di bontà, di rassicurazione e di amicizia: “Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e affaticati, e io vi ristorerò” (Mt 11,28); “Venite a me, io ho un’acqua viva da darvi, bevuta la quale non avrete più sete” (Gv 4,14); “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati; alzati e cammina” (Mt 9,2. 6).  Quei vagiti diventeranno parole di invito e di stimolo ad una vita buona e santa: “Amatevi tra voi come io vi ho amati” (Gv 13,34); “Siate misericordiosi come misericordioso è il Padre vostro” (Lc 6,36); “State uniti a me come tralci alla vite, e porterete molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5).

Attorno alla mangiatoia di Gesù bambino, quella notte, ci fu gioia e festa. Su di essa volteggiò una moltitudine di angeli; a breve sarebbero arrivati i pastori con i loro doni; un canto meraviglioso inondò il cielo: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli, e sulla terra pace agli uomini, che Dio ama”. Ci fu festa, ci fu gioia attorno a quella mangiatoia; è la festa e la gioia che il Signore vuole che ci sia anche nei nostri cuori, anche dentro di noi; e che ci sarà, se il nostro cuore, pur povera e umile mangiatoia, lo accoglierà, gli farà spazio e gli darà posto, così che egli possa  nascere e farsi presente dentro di noi col suo amore; un amore che, a sua volta, insegnerà  anche a noi ad amare.

don Giovanni Unterberger

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