Vita per sempre

Una volta che andai a fare visita in ospedale a una signora che aveva appena partorito, vidi alcune culle di bambini nati da poche ore, e pensai: “Queste vite non verranno più meno; Dio le ha accese e non permetterà che si spengano più. Sì, il loro corpo conoscerà la morte e verrà trasformato, ma quelle vite non moriranno più”. Tanto grande è il dono della vita! La vita è una partecipazione alla natura stessa di Dio, e ciò che partecipa di Dio non muore più, perché Dio è vita per sempre.

Mi fu chiesto un giorno: “Lei, cosa dice del destino? Esiste il destino?” Diedi questa risposta: “Nella vita di una persona c’è qualcosa che non dipende da lei, qualcosa che la persona si trova deciso da un Altro, e qualcosa che la persona stessa decide. E’ come un quadro: un quadro ha una cornice e dentro la cornice c’è il dipinto. La cornice la decide Dio nella sua Provvidenza, il dipinto lo decide la persona. Non dipende dalla persona nascere uomo o donna, nascere in una parte o in un’altra del mondo, nascere con determinate attitudini e limiti; dipende invece dalla persona come impostare la propria vita e viverla”. La vita è in gran parte in mano dell’uomo, in mano alla sua libertà. Il ‘quanto’ della vita dipende da Dio, il ‘come’ della vita dipende dall’uomo.

La responsabilità della propria vita è enorme. Poco ci si pensa. A ogni istante noi siamo nella condizione di darle valore e significato, oppure di sciuparla e rovinarla. Fin nelle piccole cose. Sì, le grandi cose ci svegliano e ci dispongono a viverle bene, ma le piccole cose… le cose di ogni giorno… come è facile trascurarle! Farle in modo trasandato, pressappochista, svogliato! E, a pensarci bene, la vita è fatta al novanta per cento di cose piccole, semplici e quotidiane, per cui non fare bene quelle significa ‘perdere’ gran parte della propria vita, o comunque viverla a metà. Il Signore nel Vangelo invita spesso alla vigilanza. C’è una vigilanza da tenere sulla propria vita, su ogni istante del proprio vivere, per viverlo al massimo. “Vanità è desiderare una vita lunga e curarsi poco d’una vita buona”, ammonisce l’ “Imitazione di Cristo” (Libro I, cap. I, n. 2).

Anche perché ciò che viviamo qui nel tempo e sulla terra non si ferma nel tempo e sulla terra. Ero seminarista negli anni del liceo, e a predicarci gli Esercizi spirituali annuali venne un sacerdote di Roma, famoso predicatore. Era un personaggio originale, che nelle meditazioni che ci teneva usava servirsi degli strumenti più impensati. Una volta si presentò con una lunga asta di quasi due metri e, prima di iniziare a parlarci, cominciò a tracciare dei segni sul muro, in alto, e poi ci disse: “Vedete, io sono a livello del pavimento, ma scrivo lassù, in alto. Così è di noi, di ogni nostra azione: la compiamo qui sulla terra, ma la scriviamo in Cielo; ciò che viviamo quaggiù si incide lassù, nell’eternità”. E cominciò a parlarci di quanto importante sia fare bene le cose, citandoci ciò che la gente diceva di Gesù: “Ha fatto bene ogni cosa” (Mc 7,37). In effetti, con la vita qui sulla terra noi ci costruiamo l’eternità.

E già qui sulla terra noi possiamo vivere di una vita speciale, la vita stessa di Dio. San Paolo, nella lettera ai Galati, ha un’affermazione che ha del vertiginoso: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Nel cristiano, nell’uomo che si apre a Dio, è Cristo stesso che vive la propria vita; l’uomo è abitato dalla vita di Cristo, il Figlio di Dio. L’evangelista Giovanni dice nel Prologo del suo Vangelo: “Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, generati da Dio” (Gv 1,11-13). L’essere generati da Dio pone in noi la vita di Dio. “Abbiamo un tesoro straordinario in vasi di creta”, nota san Paolo (2Cor 4,7); nel nostro corpo, nella nostra persona, nella nostra vita, dimora la vita del Signore.

A questo punto ci si impone una forte riflessione. Abbiamo noi stima di questa vita divina in noi? E, prima ancora, ne abbiamo consapevolezza? Ci pensiamo? La teniamo presente? La curiamo? Abbiamo tanta cura della vita del corpo, ma e della vita di Dio? Alla fin fine sarà la vita di Dio in noi a darci salvezza, a essere seme di paradiso e germe di felicità eterna. Non trascuriamo la vita di Dio in noi!

Un ultimo pensiero. “Vive quasi cotidie moriturus”, vivi come se tu dovessi morire ogni giorno, diceva l’antica Sapienza. Il pensiero della morte, pensiero scomodo, aiuta molto la vita, l’aiuta ad essere vissuta bene. Come vorremmo, nell’ultimo giorno di vita quaggiù, averla vissuta?

Don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Riflessioni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.