Sabato Santo

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(Rm 6,3-11;   Mt 28,1-10)

31 marzo 2018

 

‘Pasqua’, ‘Pàscha’, ‘Pèsah’. Dall’ebraico ‘Pèsah’ (פֶסַה), il greco ‘Pàscha’ (πάσχα), il latino ‘Pascha’ e l’italiano ‘Pasqua’. ‘Pèsah’ significa ‘passaggio’. La Pasqua è il passaggio di Cristo dalla morte alla vita; dalla condizione dei mortali alla condizione dei risorti. Cristo è risorto, ha fatto il suo ‘passaggio’, attraverso la croce. Noi in questa notte celebriamo quel suo passaggio; passaggio che l’ha portato alla vita nuova, alla vita definitiva, in Dio.

Ciò che è del ‘capo’ è destinato ad essere delle ‘membra’; il Cristo risorto è pegno di risurrezione per noi; è grazia di vita nuova per noi.

Siamo invitati ad un ‘passaggio’. Da che cosa? dal peccato. A che cosa? alla santità. La Pasqua del Signore contiene in sé una particolare grazia per questo nostro ‘passaggio’. Faremo Pasqua? Faremo ‘passaggio’? o resteremo come siamo? Dipende da noi.

Gesù risorto mette tutte le condizioni necessarie, tutto ciò che occorre, per il nostro ‘passaggio’: mette la sua forza, la sua potenza, la forza redentrice del suo sangue, la potenza del suo amore capace di trasformare, di rinnovare. Ma noi metteremo la nostra parte? Metteremo ciò che dipende da noi e che è altrettanto importante e necessario, per il nostro ‘passaggio’, quanto ciò che deve mettere il Signore?

Il nostro ‘passaggio’ non avverrà in un solo momento; non si compirà pienamente in questa sola notte; avrà bisogno di giorni, di mesi, di anni; avrà bisogno di impegno e di sforzi continui. Ma ciò che importa è la decisione del cuore, la decisine della volontà; è il dire: “Voglio diventare buono; voglio diventare migliore; voglio correggermi e, con la grazia di Dio, diventare santo. Voglio fare ‘Pasqua’, ‘passaggio’; voglio fare ‘Pasqua’ ogni giorno, senza stancarmi”.

 don Giovanni Unterberger

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