19a domenica del Tempo Ordinario (forma ordinaria)

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(1Re 19,4-8;   Ef 4,3 – 5,2;   Gv 6,41-51)

Duomo di Belluno, sabato 11 agosto 2018

Non ci viene di certo da criticare i Giudei che all’udire Gesù che diceva: “Io sono il pane disceso dal cielo, chi mangia il pane che sono io vivrà in eterno”, si misero a mormorare. Probabilmente avremmo mormorato anche noi. Era ‘troppo’ quello che essi sentivano dire. Sì, Gesù faceva miracoli, guariva ciechi, sordi, paralitici, risuscitava morti; ma da qui a dire: “chi mangia di me vivrà in eterno” ne correva! Come poter credere a ciò? come accettare per vera una simile affermazione? Ogni buon senso diceva: no! e la gente mormorava…

Il sacerdote boemo Pietro da Praga, vissuto nel 1200, era tormentato da forti dubbi circa la reale presenza di Gesù nel pane e nel vino consacrati; e nell’estate del 1263 intraprese un pellegrinaggio a Roma, per pregare sulla tomba dell’apostolo Pietro ed avere un aiuto alla sua fede. Nel viaggio di ritorno, giunto a Bolsena, fu assalito nuovamente da forti dubbi circa la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia, e mentre celebrava la Messa, l’Ostia consacrata cominciò a sanguinare: varie gocce di sangue caddero sul corporale, il panno di lino su cui poggiano l’Ostia e il calice; tale panno di lino macchiato di sangue è tuttora conservato e visibile nel duomo di Orvieto.

Ma già alcuni secoli prima, a Lanciano, in provincia di Chieti, si era verificato un miracolo eucaristico. Intorno all’anno 750, durante la celebrazione della Messa, l’Ostia consacrata si era trasformata in carne e il vino in sangue. Varie analisi medico-scientifiche, l’ultima delle quali effettuata nel 1970, hanno confermato trattarsi di carne umana, e propriamente appartenente al miocardio, e di sangue umano. Tali preziose reliquie, carne e sangue di Cristo, sono conservate e possono essere ammirate nella chiesa di san Francesco a Lanciano; ad esse si recò, pellegrino, papa Benedetto XVI nel 2007.

A noi non è dato di assistere a simili eventi quando partecipiamo alla Messa, ma nella fede noi crediamo che sotto le specie eucaristiche si celano e si rendono veramente presenti il santissimo Corpo e il santissimo Sangue di Cristo. Nella fede noi crediamo che quel pane sia ‘pane disceso dal cielo’; sia pane che ha in sé una vita che può dare vita a chi se ne ciba e al mondo intero.

Quale vita? che tipo di vita? Il Cristo presente nell’Eucaristia è il Cristo-Dio, il Cristo che ha in sé la vita di Dio, e che quindi può dare, può comunicare, la vita di Dio a chi se ne nutre. Vita che è vita ‘eterna’, per il fatto che è la vita di Dio. La vita di Dio è eterna, e pertanto chi si ciba dell’Eucaristia, ricevendo la vita di Dio, riceve ‘vita eterna’, un aumento di vita eterna. La vita eterna nel credente non inizia solo dopo la sua morte, ma inizia già qui, su questa terra, già in questa vita. Ogni volta che noi ci accostiamo all’Eucaristia riceviamo ‘vita eterna’, inizio di quella vita che vivremo per sempre in paradiso. Di qui comprendiamo quanto sia preziosa l’Eucaristia, quanto sia dono grande, quanto sia dono da desiderare e da ricercare; e con quanta fede e devozione essa sia da ricevere, ben preparati nell’anima, perché dalle disposizioni interiori dell’anima dipende la misura di vita eterna che dall’Eucaristia riceviamo.

Un ultimo pensiero. Gesù dice: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato. Colui che ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me”. Gesù ci avverte che noi, da soli, non siamo capaci di credere nell’Eucaristia, di accostarci all’Eucaristia sapendo e credendo che cosa essa veramente è. Abbiamo bisogno che il Padre ci aiuti, che il Padre ci attiri, che il Padre ci dia fede nell’Eucaristia. E’ una ‘grazia’ credere nell’Eucaristia, una grazia da domandare.

Il sacerdote Pietro da Praga compì un lungo pellegrinaggio, fino a Roma, per chiedere tale grazia, e il Signore lo ricompensò in modo meraviglioso. Chiediamo questa grazia anche noi al Signore: ‘Signore, io credo nella tua presenza nell’Eucaristia, ma fa’ che io vi creda di più; aumenta la mia fede. Svelami questo grande mistero; già lo apprezzo, ma che io lo apprezzi di più!’.

don Giovanni Unterberger

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