Dio è madre

Quando all’Angelus domenicale del 10 settembre 1978
papa Giovanni Paolo I disse: “Noi siamo oggetto da
parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo:
ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci
sia notte. È papà; più ancora è madre”, il mondo si meravigliò;
non si era mai sentito dire che Dio fosse ‘madre’. Eppure la
Sacra Scrittura in innumerevoli passi ci presenta Dio così!
Intorno al 550 a. C. il popolo di Israele, vinto da Nabucodonosor
e deportato in esilio a Babilonia, si sentiva perduto e abbandonato
da Dio e pensava: “Il Signore mi ha dimenticato”. Ebbene, a
quel popolo, attraverso il profeta Isaia, il Signore rivolse queste
struggenti e affettuose parole: “Si dimentica forse una donna
del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle
sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non
ti dimenticherò mai” (Is 49,15). A quello stesso popolo il Signore
promise il ritorno in patria scegliendo il linguaggio del corpo
e del cuore: “Voi sarete allattati e portati in braccio, e sulle
ginocchia sarete accarezzati. Come una madre consola un
figlio, così io vi consolerò; a Gerusalemme sarete consolati”
(Is 66,12-13).
La lingua ebraica ha vari termini per dire ‘amare – amore’.
Uno di essi è rachàm ( םַחָר ), da cui rachùm ( םוּחַר ) e rachamìm
םיִמֲחַר ) ). Alla radice di questi termini sta la parola rèchem (
םֶחֶר ) che significa ‘utero, grembo materno’. Per cui rachàm
(amare) significa ‘amare con amore di madre, amare con viscere
materne’; rachùm (misericordioso) significa ‘dotato di amore di
madre’, e rachamìm (amore) indica l’amore con cui ama una
madre.
Nell’Antico Testamento il verbo rachàm, attribuito a Dio,
ricorre 36 volte, l’aggettivo rachùm 13 volte, e il sostantivo
rachamìm 29 volte.
“Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non
si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia
alleanza di pace, dice il Signore che ti ama come una madre
(rachàm)” (Is 54,10).
“Non è un figlio carissimo per me Efraim, il mio bambino
prediletto? (…) Il mio cuore si commuove per lui e sento di
amarlo profondamente come una madre (rachàm)” (Gr 31,20).
“Ma tu, Signore, Dio ricco di amore materno (rachùm) e
pietoso, lento all’ira e ricco d’amore, volgiti a me e abbi
pietà” (Sal 86.15).
“Buono è il Signore verso tutti, il suo amore di madre
(rachamìm) si espande su tutte le creature” (Sal 145,9).
“Le grazie del Signore non sono finite, non è esaurito il
suo amore di madre (rachamìm); si rinnova ogni mattina, e
grande è la sua fedeltà” (Lam 3,22).
Anche nel Nuovo Testamento Dio è più volte presentato come
‘madre’. Alla nascita di Giovanni Battista suo padre Zaccaria
intonò un inno di lode e di ringraziamento a Dio, il Benedictus.
Zaccaria colse profeticamente nella nascita del figlio l’aurora
della salvezza che il Messia avrebbe portato: “Grazie alla
tenerezza e alla misericordia del nostro Dio, per cui ci visiterà
un sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78). La parola ‘misericordia’ nel
testo greco è splàgchna (σπλάγχνα). Splàgchna significa ‘utero,
grembo, viscere materne’. Per cui Zaccaria canta l’amore di
Dio-madre, che si sarebbe manifestato nell’avvento del Messia.
Nella parabola del figliol prodigo, o del padre buono, come
oggi si preferisce dire, Dio è presentato non solo come ‘padre’,
ma anche come ‘madre’. Dice l’evangelista Luca: “Quando (il
figlio) era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione,
gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,20).
L’‘ebbe compassione’ nel testo greco è il verbo splagchnizomai
(σπλαγχνίζομαι ), che deriva da splàgchna, e che indica il
rivolgimento che una madre prova nelle sue viscere davanti al
figlio in difficoltà, in pericolo o, nel caso della parabola, che
ritorna a casa dopo essersene malamente allontanato. Il padre
della parabola è anche madre!
Ciò fu mirabilmente espresso nel celebre quadro di Rembrandt
‘Ritorno del figliol prodigo’, nel quale il pittore dipinse in modo
differente le mani del padre posate sulle spalle del figlio: una
mano è tozza, l’altra è affusolata; l’una è mano maschile, di
padre, l’altra è mano femminile, di madre.
La rivelazione biblica di Dio-madre è messaggio commovente
e consolante che tocca le corde più intime di ciascuno
di noi. La relazione tra madre e figlio è, infatti, la relazione
più profonda. Dio ha voluto suggerire, per mezzo di tale familiare
immagine, il legame ben più profondo e continuamente
generativo che intrattiene con noi

Don Giovanni Unterberger

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