Discretio e denaro

Più di una volta sono stato richiesto di un parere:
“Reverendo, come fare con i poveri che chiedono
l’elemosina? È da dare loro sempre quando chiedono?”
La cosa riguarda anche me personalmente; io stesso mi sono
posto spesso questa domanda. Come fare discernimento?
Penso sia importante cercare di appurare, specialmente per
aiuti consistenti, il reale stato di bisogno della persona. Non
sempre ciò è facile, e talvolta neppure possibile. Prudenza vuole
che non si diano aiuti di un certo valore in modo avventato e
senza sufficiente garanzia che quel denaro andrà realmente a
provvedere a vere necessità.
E con i poveri che s’incontrano per la strada o davanti ai
supermercati, come fare? Qui una valutazione sulla reale
situazione di bisogno della persona è spesso pressoché
impossibile. Possiamo lasciarci guidare dal pensiero che chi
chiede l’elemosina si trovi in situazione economica peggiore di
chi la può fare, e che quindi un aiuto, sia pur piccolo, vada dato.
Elemento importante di discernimento per le elargizioni di
cui siamo richiesti è il valutare quanta elemosina globalmente
facciamo. Potrebbe essere un buon criterio fissare un tot mensile,
in base alle proprie risorse, da destinare ai poveri; esaurito il
quale, possiamo ritenerci tranquilli in coscienza se a ulteriori
poveri che ci domandano la carità non diamo nulla.
C’è tuttavia un ulteriore livello su cui fare discernimento,
ed è il livello del cuore. Discernere cioè quanto il nostro cuore
sia attaccato alle cose di questo mondo e al denaro; quanto
noi siamo generosi o avari. L’avarizia è una mala pianta che
facilmente attecchisce nel cuore umano.
Gesù, nel Vangelo, più volte ha messo in guardia dall’avarizia,
dall’attaccamento ai beni materiali. Ha raccontato la parabola
del ricco epulone che al povero Lazzaro non destinava neppure
le briciole dei suoi lauti banchetti e finì all’inferno (Lc 16,19-31); la
parabola del ricco latifondista che si vide costretto a demolire i
granai e a costruirne di più grandi per ammassarvi l’abbondante
raccolto, perdendo il senso vero della vita (Lc 12,16-21). Disse: “A
che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde
la propria anima?” (Mt 16,26); e: “Non fatevi tesori sulla terra,
dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e
rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo” (Mt 6,19-20); Gesù
non volle entrare a fare da paciere tra due fratelli che litigavano
per l’eredità perché avvertì in entrambi un cuore attaccato ai
beni di quaggiù (Lc 12,13-15). Il libro dei Proverbi dice: “Non
negare un beneficio a chi ne ha bisogno, se è in tuo potere il
farlo” (Pr 3,27), e dice ancora “Chi fa la carità al povero fa un
prestito al Signore che gli ripagherà la buona azione” (Pr 19,17).
Per aiutarci nel compito di discernere se il nostro cuore sia
attaccato alle cose di questo mondo e al denaro, possiamo ad
esempio tenere conto di quanto ci concediamo – mensilmente
o in un anno – per beni non primari, quali vacanze, spese
voluttuarie, ristorante, capi di vestiario particolarmente costosi,
hobby, divertimenti, accessori tecnologici… È più, di meno,
uguale a quanto abbiamo pensato di destinare all’elemosina?
Se ci vediamo sobri e ragionevoli nei consumi e nelle spese di
non primaria necessità, potremmo anche, per essere certi di non
incappare nel vizio dell’avarizia, confrontare ciò che destiniamo
all’elemosina con ciò che accantoniamo mensilmente o in un
anno per il futuro dei figli o per la nostra vecchiaia.
Discrezione vuole che ci sia proporzione almeno tra quanto
per noi è superfluo, tra quanto accantoniamo per le necessità
future e il bisogno di chi è in povertà e fatica a vivere, senza
dimenticare che Gesù, senza disprezzare i ricchi che avevano
messo nel tesoro del tempio parte del loro superfluo, lodò
largamente quella vedova che vi aveva messo solo due monetine,
perché essa aveva donato a Dio il necessario per vivere, certa
della speranza che Dio avrebbe sempre provveduto ai suoi
bisogni (cfr. Mc 12,42).
Discernimento, dunque. Discernimento anzitutto a livello di
cuore, per la salute spirituale della propria anima e come aiuto
e condizione per un buon discernimento circa l’aiuto ai poveri e
circa l’uso dei beni in generale.

Don Giovanni Unterberger

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