13^ domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

Sandro Botticelli – Purificazione di un lebbroso – 1481-82

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(Gal 3,16-22;   Lc 17,11-19)

Belluno, chiesa di s. Pietro, 30 agosto 2020

Il regime del ‘dovuto’ tiene le cose dentro un meccanismo ristretto e fisso; ‘io ti do quello che ti devo, tu mi dai quello che mi devi’: le cose sono a posto, ma il rapporto resta freddo, arido, privo di freschezza e di vita. Non fu di questo tipo il rapporto tra Gesù e i dieci lebbrosi; la guarigione non era loro dovuta, fu pura gratuità. Quei malati, istantaneamente guariti, non poterono non avvertirla, e tale gratuità non poté non generare in essi stupore. Il ‘dovuto’ non stupisce, il ‘gratuito’ meraviglia.

L’uomo è immerso nel gratuito, in un gratuito infinito, gratuito che lo precede e lo accompagna. Lo precede: è gratuito il nostro essere venuti al mondo; che cosa abbiamo fatto noi per esserci, per nascere? nulla. Non c’eravamo, e a un certo momento siamo apparsi su questa terra. E dal gratuito siamo continuamente accompagnati: quale diritto abbiamo a continuare ad esistere, a vivere? Non è gratuità aprire ogni mattina gli occhi, respirare, vedere il sole, la luce, le meraviglie del creato, godere della presenza dei nostri cari? E’ gratuità! Chesterton, lo scrittore umorista inglese, scrisse: “I bambini il giorno della befana gioiscono meravigliati nel trovare la calza piena di doni, e noi non dovremmo gioire meravigliati nel poter al mattino infilare nelle calze le nostre gambe?” E sentenzia: “Il mondo non languirà per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia”.

Ma com’è che siamo così poco stupiti? che diamo per scontate anche le cose più grandi, più vere e più belle? Guardiamo i bambini piccoli: sono occhi spalancati sulla realtà, sono tutto occhi; per loro tutto è nuovo, tutto è da vedere, tutto da guardare! E noi, per il fatto che abbiamo già visto, non avremmo più nulla da ‘vedere’? Ricuperiamo la dimensione dello stupore! Entreremo allora nelle regioni della verità, perché è essere nella verità, stupirsi; ed entreremo nelle regioni della gioia, perché dà gioia l’esperienza del gratuito.

I dieci lebbrosi si sentirono graziati, ma uno solo fece il passo successivo, il passo che lo stupore chiede ed esige: il ringraziare. Uno solo tornò a ringraziare Gesù. Il percepire un dono deve spingere a dire ‘grazie’. E’ immenso il nostro debito di riconoscenza nei confronti di Dio! Già nell’ordine della creazione, come ricordato, e ancor più nell’ordine della redenzione. Non dà forse le vertigini, il dono di un Dio nato in una stalla? di un Dio morto su di una croce tra due malfattori considerato malfattore egli stesso? Non dà le vertigini, il dono di un amore paziente -il suo- al punto che sempre ci riaccoglie dopo ogni nostro errore e peccato, e mai ci rifiuta, ma ci allontana e ci manda via, ma sempre ci riabbraccia e ci rimette in cammino? E’ dono di vertigini che la nostra morte sia vinta, e che il Signore, dopo la morte ci faccia risorgere…

Gesù gradì grandemente la riconoscenza del lebbroso tornato a ringraziare, ed ebbe parole di rimprovero per gli altri nove. Il ringraziare, poi, apre a ricevere ulteriori doni; il lebbroso tornato ricevette, oltre alla guarigione fisica, anche una salvezza più profonda: “Va’ -gli disse Gesù- la tua fede ti ha salvato”.

don Giovanni Unterberger

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