2^ domenica di Avvento (forma ordinaria)

Tiziano – San Giovanni Battista – 1540 ca

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(Is 40, 1-5.9-11;   2Pt 3,8-14;   Mc 1,1-8)

Duomo di Belluno, 6 dicembre 2020

Al tempo di Gesù erano vari i percorsi spirituali proposti. C’era il percorso spirituale dei farisei, che ponevano la strada giusta nell’osservanza scrupolosa della legge di Mosè e delle varie tradizioni, ma peccava di superbia, quasi che la salvezza fosse capacità e opera dell’uomo. C’era il percorso spirituale dei sadducei, i gestori del culto al tempio di Gerusalemme, i quali facevano consistere il rapporto con Dio unicamente nei riti, nei sacrifici delle vittime animali, ma non si curavano che la vita delle persone fosse buona. C’era poi il percorso spirituale degli zeloti, che andavano sostenendo essere volere di Dio la liberazione di Israele dall’occupazione romana, e arrivavano fino alla violenza e alla rivolta armata. E c’era la proposta degli esseni, una specie di strani monaci, che si erano totalmente separati dal consorzio umano.

Ma ecco che nel deserto di Giuda cominciò ad echeggiare la voce di Giovanni battista. Era vestito di peli di cammello -ci ha detto il Vangelo- con una cintura di pelle attorno ai fianchi; non era, quello, un abbigliamento usuale e qualsiasi, era stato il modo di vestire del profeta Elia, che ottocento anni prima andava predicando il primato di Dio sull’uomo e sulla vita dell’uomo. Giovanni battista riproponeva quel messaggio e quell’esigenza.

“Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme”, dice il Vangelo; era iniziato un grande movimento di gente che andava da Giovanni a farsi battezzare, tanto che i capi religiosi ebrei avevano cominciato a preoccuparsi. La traduzione italiana dice: “accorreva a lui” tutta la regione, ma il testo greco dice esattamente: “usciva verso di lui” tutta la regione; la gente “usciva”. Usciva dalle città, dai villaggi; ma usciva anche spiritualmente, usciva dal proprio modo di vivere, desiderando un modo di vivere diverso, nuovo. Era questo “uscire spirituale” che spingeva la gente ad andare da Giovanni a farsi battezzare, a sentire da lui: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i sentieri della vostra vita; convertitevi, riconoscendo e confessando i vostri peccati”. Desiderio di “uscire”, desiderio di conversione.

E’ decisivo questo desiderio. Se non c’è, o se è debole, fiacco, la conversione non avverrà; noi resteremo là dove siamo, resteremo quello che siamo.  Ma “da dove” uscire? Abbiamo tutti situazioni, abitudini, difetti, modi sbagliati di fare, pigrizie, egoismi da cui dovremmo uscire. Lo vogliamo davvero? E’ ‘volontà’, la nostra, o solo ‘velleità’? Al popolo di Israele peccatore che diceva: “Affrettiamoci a convertirci al Signore”, il Signore rispondeva: “Il vostro proposito è come una nube del mattino, come la rugiada che all’alba svanisce” (Os 6,4).

Abbiamo bisogno, per convertirci, oltre che della volontà, della forza di Dio. Giovanni battista gridava: “Io vi battezzo con acqua, ma dopo di me verrà uno più forte di me; egli vi battezzerà in Spirito Santo”. Giovanni riconosceva che il suo battesimo, pur essendo invito pressante a conversione, era un battesimo ancora imperfetto; l’acqua che egli versava sulle persone le lavava solo all’esterno, ne bagnava il corpo, ma non dava la forza della conversione. Sarebbe venuto dopo di lui uno più forte di lui, che avrebbe battezzato in Spirito Santo, cioè avrebbe donato lo Spirito del Signore, la forza di Dio. Era Gesù, quel forte, che avrebbe cambiato l’uomo dal di dentro, gli avrebbe reso possibile la conversione.

Stiamo attendendo il Natale; desideriamo convertirci. Rafforziamo il proposito; sia più decisa la volontà; e preghiamo il Signore, domandiamogli aiuto. Egli può fare ciò che alle nostre sole forze non sarebbe possibile.

don Giovanni Unterberger

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