Venerdì Santo

Vincent van Gogh – Gli ulivi – 1889

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(Gv 18,1 _ 19,42)

            Forse avete notato il particolare con cui l’evangelista Giovanni ha concluso il suo racconto della Passione. Ha detto che Gesù fu sepolto in un giardino. In un giardino fu deposto colui che era stato obbediente a Dio, obbediente sempre, obbediente in tutto, obbediente fino alla morte, e alla morte di croce.

Questo giardino ci ricorda un altro giardino, quello dell’Eden, il giardino degli inizi, in cui furono posti Adamo ed Eva, i nostri progenitori. In quel giardino essi peccarono, disobbedirono a Dio, e procurarono morte per sé e per tutto il genere umano. Quello fu il giorno della disobbedienza; il giardino invece in cui fu sepolto Gesù fu il giardino dell’obbedienza. Lì egli disse il suo “sì” al Padre, e procurò vita e salvezza a tutti noi.

Quante volte noi siamo stati nel giardino della disobbedienza! Quante volte abbiamo fatto la nostra volontà, anche quando era sbagliata, anche quando era cattiva, e non abbiamo fatto la volontà di Dio, che ci avrebbe fatto crescere come creature buone, virtuose e sante!

Ma il giardino della disobbedienza, della nostra disobbedienza, è stato risanato dal giardino di Cristo e dall’obbedienza di Cristo. Gli costò molto quel risanamento; gli costò la vita; fu dolore grandissimo per lui il trasformare il giardino del male nel giardino del bene. Ma egli lo fece! Per amore.

Un omileta dei primi secoli ebbe a scrivere queste toccanti parole, immaginandole uscite dalle labbra di Cristo in croce: “Per te, che hai peccato in un giardino, io sono stato tradito e sepolto in un giardino. Guarda sulla mia faccia gli sputi che io ricevetti per te, per poterti restituire al primo soffio vitale. Guarda sulle mie guance gli schiaffi sopportati per rifare a mia immagine la tua bellezza perduta. Guarda sul mio dorso la flagellazione subita per liberare le tue spalle dal peso dei tuoi peccati. Guarda le mie mani inchiodate al legno per te, che un tempo avevi malamente allungato la tua mano all’albero proibito. Morii sulla croce e la lancia penetrò nel mio costato, perché il mio cuore fosse aperto per te, che mi avevi trafitto. Il mio sonno nella morte ti libererà dal sonno dell’inferno. La mia lancia trattenne la lancia che si era rivolta contro di te. Sorgi; il nemico, Satana, ti fece uscire dalla terra del paradiso; io invece non ti rimetto più in quel giardino, ma ti colloco sul trono celeste. Ti fu proibito di toccare la pianta simbolica della vita, ma io, che sono la vita, ti comunico quello che sono. Sorgi; il trono celeste è pronto, la sala allestita, la mensa apparecchiata, l’eterna dimora è addobbata, i forzieri aperti. In altre parole, è preparato per te, dai secoli eterni, il regno dei cieli”.

Tutto questo ha fatto il Signore per noi, morendo sulla croce. La sua Passione ha vinto; ha distrutto il peccato; ha aperto le porte del paradiso; ha riportato l’umanità alla comunione con Dio. Mai l’uomo avrebbe potuto immaginare che Dio, il Figlio di Dio, si sarebbe sottoposto alla morte, alla morte da cui tutti noi così fortemente rifuggiamo, per ottenerci salvezza. Proprio per noi, che quella morte gliel’abbiamo inflitta!

I santi hanno ben compreso questa follia d’amore di Dio, e  sono arrivati a desiderare di condividere le sofferenze della sua Passione. Santa Rita lo desiderò al punto che ebbe una ferita sulla fronte provocata da una spina della corona di spine di Gesù; san Francesco lo desiderò al punto che ebbe le stimmate sulle mani, ai piedi e al costato.

Noi non giungeremo a tanto. Ma vogliamo almeno tenere conto, nella vita, di Cristo crocifisso; di ricordarci del suo immenso amore per noi; di fare sempre bene il segno della croce; di ricambiare l’amore con cui siamo stati amati con un amore grande verso il prossimo; con una lotta contro il peccato più decisa e più generosa.

Siamo stati amati, dobbiamo amare!

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