Venerdì Santo

Michelangelo Merisi da Caravaggio – La flagellazione di Cristo – 1606-1607

clicca QUI per scaricare l’omelia

                                                                                                                                  omelia del 2013

( Gv 18,1  –  19,42 )

“Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Così ci ha detto l’evangelista Giovanni che fu sul Calvario sotto la croce. Noi ora volgiamo lo sguardo a Colui che abbiamo trafitto, a Cristo inchiodato in croce e morto per noi. Tra poco il sacerdote scoprirà la croce e il Crocifisso, e tutti noi lo guarderemo e lo baceremo.

Noi lo abbiamo trafitto. Come lo abbiamo trafitto? Egli è la verità, ed ogni volta che noi abbiamo preferito la menzogna alla verità l’abbiamo trafitto. Egli è l’amore, ed ogni volta che noi abbiamo scelto l’egoismo all’amore lo abbiamo trafitto. Egli è la mitezza, e ogni volta che abbiamo preferito la violenza alla mitezza lo abbiamo trafitto. Egli è la castità, e ogni volta che abbiamo preferito la lussuria alla castità lo abbiamo trafitto. Egli è il Figlio di Dio, è Dio egli stesso, e ogni volta che abbiamo preferito una creatura di questo mondo a lui, Figlio di Dio, lo abbiamo trafitto. Quelle piaghe che coprono il suo corpo, quelle spine che gli cingono il capo, quel sangue che gli cola dalle ferite, quell’arsura di sete infinita che gli secca la gola… tutto questo gliel’abbiamo procurato noi. Non possiamo caricare di tutta la responsabilità i soli Ebrei che lo hanno condannato a morte e Pilato che lo ha consegnato ai crocifissori; egli, Gesù, è morto per i nostri peccati, dice chiaramente San Paolo (1Cor 15,3).

Come guardare allora a quel Cristo che abbiamo trafitto? Non ci viene forse da distogliere lo sguardo da lui e da guardare altrove, perché troppo doloroso e troppo carico di rimorsi è guardare a lui, che è la vittima del nostro male?

Ma è lui stesso che ci invita a sé. Egli ci dice: “Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò” (Mt 11,28). Ad opprimerci non sono solo le nostre difficoltà e i nostri problemi, ma sono anche le nostre colpe, i nostri peccati commessi nella vita. Egli ci dice: “Venite a me!” E allora noi andiamo a lui, e volgiamo lo sguardo con fiducia, con coraggio, con confidenza “a Colui che abbiamo trafitto”.

Che cosa ci dirà? Ci dirà che ci vuole bene. Ci dirà che ha compassione di noi, della nostra debolezza, e anche della nostra cattiveria. Ci dirà che ci perdona, che con il suo sacrificio vuole rinforzarci nel bene e insegnarci ad amare; ci dirà che vuole darci una nuova vita.

Sentite questo bel testo di San Pietro Crisologo, in cui il Santo mette in bocca a Gesù crocifisso queste toccanti parole: “Forse vi copre di confusione la gravità della passione che mi avete inflitto. Non abbiate timore. Questi chiodi non mi procurano, tanto, dolore, quanto imprimono più profondamente in me l’amore verso di voi. Queste ferite non mi fanno gemere, ma piuttosto introducono voi nel mio interno. Il mio corpo disteso anziché accrescere la pena, allarga gli spazi del cuore per accogliervi. Il mio sangue non è perduto per me, ma è donato in riscatto per voi. Venite dunque, ritornate! Sperimentate la mia tenerezza, che ricambia il male col bene, le ingiurie con l’amore, ferite tanto grandi con una carità così immensa”.

Come non andare allora da questo Signore? “Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto”. Un bel inno della Liturgia dice (ve lo dico in latino, perché è stato scritto in latino, secoli fa, e in latino conserva tutta la sua armonia e bellezza, poi ve lo traduco): “Quis non amantem rèdamet? quis non dilèctus dìligat? et Corde in isto sèligat aeterna tabernàcula?” – “Chi non riamerà Colui che lo ha tanto amato? chi non vorrà bene a Colui che gli ha voluto così profondamente bene? e non sceglierà come sua stabile dimora per sempre quel Cuore dolce e amabile?”

Ecco la sfida. La sfida del Venerdì Santo. La sfida della Croce e del Crocifisso. Lo ameremo questo Gesù? Gli vorremo davvero bene? Un bene che non resta pura emozione e semplice sentimento che commuove e poi passa, ma che si tramuta in opere, si tramuta in tempo dato a lui per pregarlo e per contemplarlo; in lotta decisa contro il peccato, perchè è il peccato ad averlo mandato in croce; si tramuta in opere di bontà e di carità verso il prossimo perché ciò che facciamo al prossimo lo facciamo a lui; si tramuta in accettazione delle nostre croci e sofferenze in unione alle sue.

Ecco, sia questo il contenuto del bacio che ora daremo al Crocifisso.

don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.