26^ domenica del Tempo ordinario

Ricchezza e povertà – Dipinto fiammingo – XVII sec.

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(Am 6,1a.4-7; 1Tim 6,11-16; Lc 16, 19-31)

Sabato 24 settembre 2022, risalente al 28settembre 2013

Domenica scorsa il Signore ci invitava a non lasciarci prendere dalla cupidigia, a non fare della ricchezza, dei beni materiali, il nostro dio, un idolo a cui servire.

In questa domenica il Signore ci mette davanti la brutta conseguenza della cupidigia: l’indurimento del cuore. Il cuore di chi si attacca alla ricchezza, al denaro e ai beni materiali, si indurisce. C’è una sclerosi che colpisce le arterie, l’arteriosclerosi, brutta malattia, ma c’è una sclerosi ancora più brutta, la sclerosi che colpisce il cuore, che indurisce il cuore; una sorta di “sclerosi cardiaca”. Questa è, in assoluto, la malattia più brutta, quella che fa e produce più mali. Avere invece un cuore buono, aperto, sensibile, compassionevole, generoso, è una meraviglia! ed è cosa che compie meraviglie.

L’uomo ricco del Vangelo di oggi aveva un cuore duro, indurito. Indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, ogni giorno si dava a lauti banchetti. Viveva beato, soddisfatto, sicuro e senza timori per il suo presente e per il suo avvenire, ma aveva il cuore indurito. Alla sua porta giaceva un povero, tutto piagato e desideroso di sfamarsi con ciò che cadeva dalla sua tavola, con ciò che veniva sprecato e gettato via dalla sua mensa, ma quel ricco non vedeva il povero; il suo cuore indurito lo rendeva miope, cieco. I cani che leccavano le piaghe di quel povero erano più compassionevoli di lui.

E il cuore indurito di quel ricco era miope e cieco anche nei confronti di Dio e delle cose di Dio; alla fine della sua vita egli andò all’inferno, andò perduto; aveva sbagliato tutto nella vita…

Nel libro del profeta Ezechiele Dio fa una grande promessa: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 26,26).

Abbiamo bisogno di un cuore di carne, di un cuore che sappia toccare e prendersi cura della “carne” dei poveri e dei bisognosi, come ci invita a fare papa Francesco. I bisognosi li conosciamo: sono quelli che incontriamo per strada e chiedono un’elemosina; sono quelli che nel mondo soffrono la fame e muoiono di fame; sono quelli che anche tra noi fanno fatica ad andare avanti per difficoltà economiche e di lavoro. San Giovanni apostolo ammonisce nella sua prima lettera: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,17-18).

Dobbiamo avere un cuore buono, capace di compassione. Compassione nel senso etimologico della parola, di “con-patire, patire-con”. Il nostro Dio è un Dio di “com-passione”. Egli si è impietosito di noi, ed è venuto tra noi, fattosi uno di noi. Dice san Paolo: “Cristo, da ricco che era si fece povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della sua povertà” (2Cor 8,9).

La “com-passione” di Dio ci sta davanti come modello; il cuore “com-passionevole” di Gesù ci è di stimolo e di sprone.

In fondo, è tutto questione di cuore. Un cuore “com-passionevole” vede bisognosi dappertutto, vede persone da aiutare dappertutto. Quanto bisogno c’è di ascolto, di comprensione, di accoglienza, di pazienza, di sopportazione, di dolcezza, di tenerezza, di incoraggiamento, di perdono! Ogni persona è bisognosa di tutto questo, e un cuore “com-passionevole” sa dare tutto questo, non è mai sicuro d’avere dato abbastanza in “com-passione”.

Cuori di carne, e non di pietra, sono necessari al nostro mondo, alla nostra società, alla famiglia, alla Chiesa.

Tenendo conto anche che proprio sul “cuore” saremo giudicati alla fine della vita. Il ricco della parabola andò perduto per il suo cuore di pietra; anche i suoi cinque fratelli erano a rischio di andare perduti a causa del loro cuore di pietra. Gesù ha detto: “Avevo fame, avevo sete, ero pellegrino…e mi avete aiutato… venite nel regno del Padre mio” (Mt 25,31-46). Dallo stato del nostro “cuore” dipenderà la nostra salvezza, la nostra eternità. In paradiso entreranno solo “cuori di carne”.

Domandiamo allora al Signore che ci dia un cuore così, ci dia il suo stesso cuore. “Cuore di Gesù, rendi il mio cuore simile al tuo” può essere la preghiera, la giaculatoria che ci accompagna in questa settimana. Abbiamo, infatti, bisogno di un trapianto di cuore!

don Giovanni Unterberger

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