L’umiltà nel cuore di Gesù

 

“…Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore”

(Mt 11, 29)

Cuore. Abbiamo tutti bisogno di cuore, di trovare un cuore che ci ami, che ci si apra, che ci accolga e si offra a noi per diventare nostra dimora. Andiamo tutti in cerca di un cuore. Lo troviamo, il cuore, in tante persone buone che ci accolgono, e in particolare in certe persone che ci amano in modo speciale; eppure il nostro cuore resta inquieto; noi sentiamo che nessun cuore umano ci basta, e andiamo in cerca di un cuore “di più”, di un cuore che sia “di più”.  La “colpa” è del nostro cuore, che ha una larghezza, una lunghezza, un’altezza e una profondità che sono infinite, non colmabili da nessun cuore umano. Ogni cuore umano, per quanto si sforzi di amare, non riesce ad amare in misura infinita, nella misura di cui il nostro cuore va in cerca ed ha bisogno…

Ma c’è un cuore che ci ama in misura infinita, ed è il Cuore di Dio. “Li amerò di vero cuore”, dice Dio nel libro del profeta Osea (Os 14,5); “Il mio cuore si commuove per te, Israele; il mio intimo freme di compassione per te” (Os 11,8); e nel libro del profeta Geremia Dio dice: “Concluderò con loro un’alleanza eterna e non cesserò più dal beneficarli; proverò gioia nel fare loro del bene e lo farò con tutto il cuore” (Ger 32,40-41).

Dio ha sentito il bisogno non solo di parlarci del suo cuore, ma di mostrarcelo e farcelo vedere; ce lo ha fatto vedere con l’incarnazione di suo Figlio Gesù. Gesù è il cuore di Dio mostrato a noi. “Ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini”, disse il Sacro Cuore di Gesù apparendo a santa Margherita Maria Alacoque nel 1674. “Il mio cuore è così appassionato d’amore per gli uomini che non può più tenerlo chiuso in sé; tu dovrai dire al mondo quanto il mio cuore lo ami”.

Gesù stesso ha parlato del suo cuore e ce lo ha rivelato, quando disse: “Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore” (Mt 11, 29). Il termine greco che il Vangelo usa per dire “mite” è il termine “prays” (πραΰς), che significa “mite, mansueto, clemente”. Il cuore di Gesù era un cuore tenero, che rifuggiva da ogni violenza, da ogni giudizio, da ogni condanna. Gesù mai condannò alcuno nella sua vita, ma solo accolse, capì, compatì, comprese, scusò. All’adultera disse: “Non ti condanno” (Gv 8,11); al paralitico disse: “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” (Mt 9,2); al buon ladrone disse: “Oggi sarai con me in paradiso” (Lc 23,43); riferendosi ai suoi crocifissori disse: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34).

Il cuore di Gesù  era, ed è, un cuore buono,  mansueto, clemente, misericordioso. La misericordia spinge il cuore a piegarsi sul misero (la parola “misericordia” viene dal latino “miserans cor”, che vuol dire cuore che si piega sul misero, sulla miseria del misero). E Gesù. mite, tanto mite, si piegò fino in fondo sulla miseria dell’umanità, quale buon samaritano chinato sulle piaghe dell’uomo a medicarle e a guarirle; non con olio e vino, come il samaritano della parabola, ma col proprio sangue e con la propria vita. La mitezza di Gesù gli permise di non rispondere al male col male, alla violenza con la violenza, all’offesa con l’offesa. Egli poté dire, perché ne visse la sostanza: “Io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi vuol chiamarti in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello” (Mt 5,39-40). Il cuore di Gesù fu un abisso di mitezza.

E fu un abisso di mitezza, il cuore di Gesù, perché era un abisso di umiltà. E’ l’umiltà che rende possibile la mitezza; il superbo non riesce ad essere mite.

Il termine greco che il Vangelo usa per dire “umile”, nei riguardi di Gesù, è il termine “tapeinòs” (ταπεινός), da cui in italiano la parola “tapino”. Tapìna è una persona di bassa condizione, che non si dà arie e non si dà importanza per imporsi, per farsi considerare chissà chi, per emergere gonfia e tronfia del proprio “io”. Gesù fu “tapino”, accettò di appartenere ad un piccolo popolo della terra, vivere in un minuscolo e dimenticato villaggio di questo mondo, lavorare con le proprie mani per mantenersi, mentre avrebbe potuto farsi servire dagli angeli, far balenare davanti a tutti la sua gloria, il suo splendore e la sua maestà divina, imporsi con la sua forza ad ogni potere e regno di questo mondo. Invece egli rinunciò a tutto ciò, “umiliò se stesso -dice san Paolo- assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2,7-8).

L’umiltà appare ancora più grande ed è ancora più vera quando non è la persona stessa ad umiliarsi, ma quando essa sopporta ed accetta senza ribellarsi e senza vendicarsi le umiliazioni inflittele dagli altri. Su questo versante l’umiltà di Gesù rifulge in misura suprema e straordinaria, insuperabile. Egli fu considerato un trasgressore della Legge di Dio, un bestemmiatore, un indemoniato, un maledetto. Fu umiliato in tutti i modi nella sua passione: fu accusato falsamente, fu colpito in faccia, fu deriso, insultato, malmenato, coperto di sputi, appeso alla croce nudo. E Gesù non si ribellò, ma tutto sopportò pazientemente e umilmente. Non era egli il Figlio di Dio, e Dio egli stesso? e chi erano coloro che lo insultavano e lo umiliavano? non erano forse semplici uomini, creati da lui e conservati in vita anche in quel momento da lui? E Gesù, che era Dio, accettò tutte queste umiliazioni dagli uomini… Quale umiltà infinita fu quella di Gesù!

Il cuore di Gesù,  mite ed umile, era, ed è, un cuore meraviglioso. Un cuore pieno d’amore e di bontà verso l’uomo. Nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù la Liturgia canta: “Quis non amantem rèdamet? quis non redemptus diligat, et Corde in isto sèligat aeterna tabernàcula?”  –  “Chi di noi, così profondamente amato, non lo riamerà? e chi di noi, da lui redento, non gli vorrà davvero bene, scegliendo per sempre nel suo Cuore la propria stabile dimora?”. Sì, nel Cuore di Gesù noi vogliamo per sempre abitare; in lui noi troviamo tutto l’amore e l’affetto di cui il nostro cuore ha bisogno e che andiamo cercando. Chi abita in Dio non manca di nulla.

Il Cuore di Gesù ci dice:“Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore”. Gesù sapeva quanto bisogno abbiamo noi di mitezza e di umiltà, noi che siamo così inclini alla violenza e alla superbia! Noi che siamo così pronti a reagire a qualsiasi sgarbo, offesa, o anche semplice fastidio che qualcuno, magari inavvertitamente e involontariamente, può averci causato! Noi che siamo così spinti dal nostro “io” a dominare, a sovrastare, a giudicare, a condannare, ad umiliare! Gesù sapeva tutto ciò, ed allora disse, e ci dice: “Imparate da me, che sono mite ed umile di cuore”. E noi gli diciamo: “Gesù, dacci il tuo Cuore. Tu a santa Caterina da Siena, in un’estasi d’amore, togliesti il cuore e le desti il tuo; dà anche a noi il tuo Cuore! Tu ce lo hai promesso in antico: ‘Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne’ (Ez 36,26). Gesù, noi ti preghiamo, dacci il tuo Cuore!”

 

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