Festa di Cristo Re 2015 (forma ordinaria)

(Dn 7,13-14;   Ap 1,5-8;   Gv 18, 33b-37)

Duomo di Belluno, sabato 21 novembre 2015

Immaginiamo la scena. Siamo a Gerusalemme il 7 aprile dell’anno 30 d.C. E’ un venerdì; giorno importante, perchè al calar del sole di quel giorno sarebbe iniziata la grande settimana di Pasqua, la più solenne e santa settimana dell’anno per gli Ebrei. Già si stavano preparando gli agnelli che sarebbero stati uccisi e immolati per la cena della sera.

Un uomo è stato arrestato nella notte, Gesù di Nazareth; egli ora sta davanti al procuratore romano Ponzio Pilato, a processo. “Tu sei re?”, gli domanda il procuratore. “Sì, io sono re”, risponde il prigioniero. “Non sono re come i re di questo mondo, ma io sono re”.

Re strano. Era nato in Galilea in un piccolo e disprezzato villaggio, da una donna comune del popolo, privo di qualsiasi titolo nobiliare. Aveva fatto il falegname fino a due anni e mezzo prima; aveva poi percorso la Galilea e la Giudea predicando una dottrina nuova, una dottrina sua, che gli aveva attirato odio e opposizione. A seguirlo era stata gente povera, umile, senza rilevanza e importanza sociale e politica, ed egli si diceva re? Ma re di che cosa? Re di quale regno? Re di chi? “Sì, io son re”, affermava il prigioniero.

A Pilato quelle parole dovevano suonare farneticazione, pazzia, cosa inimmaginabile… Pressato dalla folla che voleva la morte di quel prigioniero, Pilato lo condanna a morte, lo fa mettere in croce; e sul cartello appeso alla croce sopra il capo di Gesù fa scrivere: “Gesù Nazareno, re dei Giudei”; e lo fa scrivere in ebraico, in latino e in greco, le lingue del mondo allora conosciuto (Gv 19,19-20). All’insaputa di Pilato e della gente di allora, quell’iscrizione trilingue era la proclamazione della regalità universale di Gesù. Gesù era davvero il re del mondo!

Sarebbe avvenuta poi la risurrezione di Gesù, sarebbe sceso lo Spirito Santo il giorno di Pentecoste, e gli apostoli avrebbero capito le parole di Gesù: “Io sono re”; avrebbero capito che egli era il re del mondo, reso re dal Padre, re universale di tutto e di tutti. Gesù è re! San Paolo scrive ai Filippesi: “Gesù umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è Signore” (Fil 2,8-11). Signore, “kyrios” nel testo greco, cioè “re, dominatore”.

L’arte bizantina ci ha donato degli stupendi mosaici del Cristo ‘pantokràtor’, Cristo re-signore, nel duomo di Cefalù, di Monreale, nella Cappella Palatina di Palermo, nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli.

Pilato quel giorno non sapeva di avere davanti a sé il re dell’universo, né lo sapeva la folla che gridava: “Crocifiggilo! Crocifiggilo! Nostro re è Cesare, l’imperatore di Roma!” (Gv 19,15). Noi sappiamo, nella nostra fede, che Cristo è re, e che egli deve dominare su di noi. Deve dominare su di noi e ne ha tutto il diritto perché egli è il nostro Dio, perché, in quanto Dio, ci ha fatti, a lui apparteniamo e siamo sua creatura. Egli ha diritto di regnare su di noi anche perché “ci ha comperati a caro prezzo”, come dice san Paolo (1Cor 6,20), riscattandoci della nostra sbagliata condotta, dal nostro peccato e dalla morte eterna.

Ma noi permettiamo a Cristo di regnare su di noi e sulla nostra vita? Egli non è un re duro, asservitore e oppressore; al contrario, egli è un re “di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, di amore e di pace”, come recita il Prefazio della Messa di questo giorno.

Gesù ci dice: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi, il mio giogo è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11,28-30). Il giogo di Cristo è un giogo che salva, è un giogo che innalza, che fa santo l’uomo e lo realizza pienamente. Il giogo di Cristo è l’unico giogo che può salvare il mondo, che può riportare il mondo all’ordine, alla fraternità e alla pace. “Beata la nazione il cui Dio è il Signore”, dice un salmo (Sal 33,12). Beato il cuore dell’uomo il cui Dio è il Signore.

don Giovanni Unterberger

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