6° Domenica di Pasqua (forma ordinaria)

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(At 15,1-2. 22-29;  Ap 21,10-14. 22-23;  Gv 14,23-29)

Duomo di Belluno, sabato 30 aprile 2016

Sant’Ignazio di Loyola, nelle indicazioni che suggerisce per trarre più frutto dalla meditazione della Sacra Scrittura, invita ad immaginare bene la scena su cui si sta meditando, ad immergersi in essa, ad immaginare di essere lì presenti alla scena stessa, quasi un personaggio che ne prende parte.

Il brano di Vangelo che ci è stato ora proclamato, tolto dai ‘discorsi d’addio’ del Vangelo di Giovanni, ci ha portati a Gerusalemme nel cenacolo. Gesù ha appena consumato l’ultima cena. Egli sa che quella è l’ultima cena della sua vita. Agli apostoli dice: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel Regno di Dio” (Lc 22,15-16).

Gli apostoli cominciano a capire che quel momento è un momento tremendo, preludio della crocifissione e della morte del loro Signore. Che cosa sarebbe stato di loro? Gesù aveva loro detto, citando il profeta Zaccaria: “Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse” (Mc 14,27).

Gesù percepisce la paura e lo smarrimento di quei suoi amici, e li rassicura, li conforta. Ha appena terminato di mangiare con loro l’agnello pasquale, ha appena istituito per loro l’Eucaristia, e indugia a parlare con loro, si intrattiene con i loro cuori, cuore a cuore, in un colloquio che ha la solennità e l’intimità dei grandi momenti, dei momenti come quello, quando la morte è ormai imminente e sta per arrivare.

“Se uno mi ama -dice Gesù- osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo  a lui e prenderemo dimora presso di lui”. Parole straordinarie! promessa inaudita! Gli apostoli avrebbero avuto sempre Gesù con loro! Gesù stava per lasciarli, stava per morire, e tutti sappiamo quanto la morte sia distacco profondo… eppure Gesù sarebbe stato sempre con loro; e non solo ‘accanto’ a loro, ma addirittura ‘in’ loro, in loro come sua ‘dimora’. E non solo Gesù, ma anche il Padre con Gesù: “Io e il Padre verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”, dice Gesù. Di pace avevano infinito bisogno i cuori degli apostoli. Quei cuori erano impauriti, turbati, fortemente scossi; e come avrebbero potuto non esserlo…? Ma Gesù: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace”. Gesù lascia loro e dona loro la ‘sua’ pace. Non una pace qualsiasi: “Non come la dà il mondo, io la do a voi”. Gesù dà agli apostoli la pace del suo cuore, la pace che aveva sempre accompagnato il suo cuore nella vita, e lo aveva riempito di fiducia e di serenità, di pieno affidamento alla volontà del Padre. Anche in quel momento Gesù, ad un’ora, poco più, dal Getsemani, a poche ore dalla morte in croce, è nella pace, tanto da poter dire ai suoi apostoli: “Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore”; il vostro cuore sia sereno e nella pace. Una pace così il mondo non riesce proprio a darla; solo Gesù può dare una pace così di fronte alla paura, di fronte al dolore, di fronte alla morte.

“Vado e tornerò da voi”, dice Gesù. Poco prima aveva detto: “Vado a preparavi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14,2-3). Gesù dà ai suoi apostoli una speranza senza confini. L’orizzonte della sua promessa è un orizzonte non chiuso a questa terra e a questa vita, ma aperto e spalancato sull’eternità e sul mondo di Dio, su quel mondo in cui Gesù sta per entrare e che è il mondo della gioia infinita. Gesù, a quel gruppo sparuto e spaurito che ha lì nel cenacolo, dà una consolazione e un conforto grandissimo.

Noi stiamo celebrando l’Eucaristia; noi siamo, qui, misteriosamente, in quello stesso  cenacolo; Gesù è qui con noi, sta per cenare con noi e offrire la sua passione, morte e risurrezione per noi, come quella sera. A noi dice ciò che disse agli apostoli quella sera; lasciamo che le sue parole scendano nel nostro cuore a nostra consolazione e conforto:

“Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”.

“Non sia turbato il vostro cuore. Vado e tornerò da voi”.

don Giovanni Unterberger

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