Epifania del Signore

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(Is 60,1-6;    Ef 3,2-3a. 5-6;    Mt 2,1-12)

Belluno, duomo, 5 gennaio 2017        |        Belluno chiesa di s. Stefano, 6 gennaio 2017

“La conoscenza di Gesù è il lavoro più importante della nostra vita”. Queste parola di papa Francesco possono essere prese a compendio e a sintesi del Vangelo che abbiamo ora ascoltato.

Da lontano, dall’oriente, tre misteriosi personaggi si mossero verso Betlemme. Di essi il Vangelo non dice granché direttamente: non dice con esattezza il loro paese d’origine, il luogo preciso da dove sarebbero partiti; non dice a quale popolo appartenessero; di che religione fossero. Indirettamente, però, dal testo possiamo dedurre che non fossero ebrei (venivano dall’oriente), e quindi fossero pagani; che fossero persone colte: osservavano le stelle, i fenomeni celesti; che fossero persone ricche: portarono a Gesù bambino doni preziosi, oro, incenso e mirra.

Questi personaggi di tutto rispetto lasciarono le loro case, la loro terra, i loro affetti, i loro impegni e si misero alla ricerca  di Gesù, il nato Messia. Arrivarono fino a Betlemme. Il viaggio non dovette essere facile e senza fatiche: a un certo punto la stella che era loro apparsa e che li guidava non la videro più; dovettero chiedere ad Erode dove fosse nato il Messia che cercavano. Nulla li fermò; nessun ostacolo fermò la loro ricerca. Essi sentivano che la cosa più importante per loro, per la loro vita, era trovare e rendere omaggio al nato Messia. Sentivano che quell’incontro sarebbe stato la loro fortuna, avrebbe dato al loro vivere un nuovo senso e un nuovo orientamento. E partirono.

“La conoscenza di Gesù è il lavoro più importante della nostra vita”, dice papa Francesco. Noi abbiamo molti lavori; ciascuno di noi ha impegni e molte cose cui attendere e da sbrigare; ma che il cercare di conoscere Gesù, lo stabilire una relazione profonda con lui, il diventargli familiari, e lui familiare a noi, sia davvero il lavoro più importante della nostra vita? Sì, lo è davvero. Il Catechismo di san Pio X, quello che da ragazzi abbiamo studiato noi anziani, poneva, tra le altre, questa domanda: “Per qual fine Dio ci ha creati?” E dava la seguente risposta: “Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e per goderlo poi nell’altra in paradiso”. Il lavoro più importante per l’uomo è conoscere e amare Dio, è servirlo e onorarlo. Da Dio infatti veniamo, e a Dio andiamo; a lui siamo diretti e a lui approderemo.

I Magi, chiamati dalla stella, capirono che per loro la cosa importante, più di ogni altra, era cercare Gesù. E furono felici quando l’ebbero trovato. Il Vangelo dice che quando videro riapparire la stella e individuarono la casa in cui Gesù si trovava, “provarono una gioia grandissima”. Papa Francesco nella sua Esortazione apostolica “Evangelii gaudium” esorta i cristiani alla gioia; dice che un tratto caratteristico che non può mancare al cristiano è la gioia. Ma dove troverà il cristiano la gioia? da dove la attingerà? quella gioia che sa durare e resistere anche di fronte alla prova, alla fatica, alla sofferenza, al dolore, all’offesa, all’ingiustizia.? Da dove la attingerà se non da Cristo, dall’aver cercato Cristo, dall’aver trovato Cristo, dall’aver incontrato lui?

I Magi furono aiutati dalla stella ad arrivare a Betlemme; anche noi abbiamo tanti aiuti per camminare verso il Signore; li vorremo mettere in pratica, coscienti e consapevoli che “la conoscenza di Gesù è il lavoro più importante della nostra vita”.

don Giovanni Unterberger

 

 

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