4a domenica dopo Pentecoste (forma straordinaria)

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(Rm 8,18-23;   Lc 5,1-11)

 

Belluno, chiesa di s. Pietro, 2 luglio 2017

Pietro, Giacomo e Giovanni, quel giorno, furono conquistati da Gesù. Avevano lavorato tutta una notte senza prendere nulla, e sull’invito di Gesù a gettare di nuovo le reti, avevano pescato una quantità tale di pesci da quasi affondare con le barche nel lago. Gesù era parso loro irresistibile: “Tirate le barche a terra -nota il Vangelo- lasciarono tutto e lo seguirono”. Lasciarono tutto.

Gesù era per gli apostoli un maestro irresistibile. Pronunciava parole nuove, mai dette da nessuno, parole che parlavano al cuore e davano vita. “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati; alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua” (Mt 9,1-7); “Non preoccupatevi per il domani, il Padre sa ciò di cui avete bisogno” (cfr Mt 6,25-34); “Che giova all’uomo guadagnare anche tutto il mondo, se poi perde la sua anima?” (Mt 16,26). Le folle dicevano di lui: “Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo” (Gv 7,46); e l’apostolo Pietro, alla domanda di Gesù: ‘Volete andarvene anche voi?’ dopo l’annuncio dell’Eucaristia, il corpo di Gesù da mangiare, disse: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,67-68).

Gesù era un operatore di prodigi irresistibile. Guariva lebbrosi, ridava la vista ai ciechi, l’udito ai sordi, risuscitava morti, placava il lago in tempesta, faceva pescare là dove non si era pescato nulla. Gli apostoli si prostrarono davanti a lui: era troppo grande ciò che Gesù compiva! Come abbandonarlo? Come non seguire un Gesù così?

Gesù era un amico irresistibile. “Non vi chiamo più servi, vi chiamo amici” (Gv 15,15); “Io sono il buon pastore che dà la vita per voi, mie pecore” (cfr Gv 10, 11); “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati, e io vi ristorerò” (Mt 11,28); “Tu, Pietro, mi chiedi che io mi allontani da te perché sei peccatore, e invece io ti do un incarico grande e di fiducia: d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Come non lasciare tutto per seguire un amico così grande?

“Un uomo trovò un tesoro in un campo, vendette tutto quanto aveva e comperò quel campo. Un mercante che andava in cerca di perle preziose ne trovò una di grande valore, vendette tutti i suoi averi e comperò quella perla” (cfr Mt 13,44-46). Gli apostoli avevano incontrato il tesoro, avevano trovato la perla preziosa: “Lasciarono tutto e lo seguirono”.

Dieci giorni fa abbiamo celebrato la memoria di san Luigi Gonzaga. San Luigi era nato in una famiglia nobile, di marchesi, i signori di Mantova. Era il primogenito e quindi il naturale successore del padre, ma rinunciò al potere temporale in favore del fratello Rodolfo, e si consacrò al Signore; entrò nella Compagnia di Gesù desiderando diventare sacerdote, cosa che non gli riuscì, perché a 23 anni morì di peste contratta assistendo gli appestati a Roma. Il dottor Marcello Candia era un imprenditore di Milano. Possedeva tre lauree, in chimica, in farmacia e in biologia. Era titolare di un’azienda ben avviata, e nel 1961 la vendette per costruire un ospedale in Brasile sul Rio degli Amazzoni  e farsi missionario. La storia cristiana è ricca di persone che lasciarono tutto per il Signore, di persone che si decisero del tutto per lui.

Lasciare tutto per il Signore non vuol dire in ogni caso disfarsi di ogni bene materiale che si possiede; vuole dire mettere lui al primo posto in tutto ciò che si è e si fa; vuole dire osservare i suoi comandamenti con impegno; ascoltare la sua voce, la voce dello Spirito Santo, che ci chiama alla carità, lasciando e mortificando il proprio ‘io’. Lasciare tutto è fondamentalmente aderire in tutto al Signore, in modo che lui sia il re e il signore della nostra vita, e noi essere, e vivere, irresistibilmente conquistati da lui.

don Giovanni Unterberger

 

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