18a domenica del Tempo Ordinario (forma ordinaria)

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(Es 16,2-4.12-15;   Ef 4,17.20-24;   Gv 6,24-35)

Duomo di Belluno, sabato 4 agosto 2018

 

C’è un libro che ha un titolo curioso: “Le pretese di Gesù”. L’autore del libro passa in rassegna varie affermazioni di Gesù in cui il Signore si presenta con parole sconcertanti, parole così grandi e così di peso, che nessun uomo, se fosse soltanto uomo, potrebbe pronunciare con verità: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12); “Chi vede me vede il Padre” (Gv 14,9); “Senza di me non potete fare nulla” (Gv 15,5); “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (Gv 11,25-26). Affermazioni sorprendenti, sconcertanti; come può un uomo parlare così? “O è un pazzo -conclude l’autore del libro-  o è Dio”, perché solo Dio può dire cose di questo genere.

Nel brano di Vangelo che abbiamo ora ascoltato abbiamo udito una di tali affermazioni, una di tali pretese: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”. Gesù, risposta all’uomo; Gesù, soluzione dell’uomo. L’uomo, con Gesù non avrà più fame, non avrà più sete, dice Gesù.

Gesù stava cercando in tutti i modi di riportare l’attenzione dei suoi interlocutori su di sé, su ciò che veramente era la sua persona. La gente aveva appena preso parte alla prodigiosa moltiplicazione dei pani, e cercava Gesù per avere altri benefici da lui; lo cercava come taumaturgo, come operatore di miracoli, e non per la sua vera realtà. Infatti Gesù dice: “Voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”. La gente lo cercava per il pane, ma quel pane doveva essere ‘segno’, segno di ‘chi’ Gesù veramente fosse; invece la gente lo cercava per ciò che da Gesù poteva ottenere, ed era concentrata su quello; non cercava ‘Gesù in sé’. L’uomo deve cercare ‘Gesù in sé’, la sua persona, ‘lui’, proprio lui, la sua persona! Non altro che la sua persona, perché quella Persona è la salvezza.

Ci è richiesta una cosa precisa, un sussulto di fede forte e concreto: credere nella risurrezione del Signore. Gesù è risorto ed è qui; Gesù non è un semplice personaggio di duemila anni fa, che ci ha redenti duemila anni fa ed è rimasto relegato e confinato nella sua esistenza terrena di duemila anni fa; Gesù non può essere sentito come ‘un ricordo’ e, alla fin fine, ‘un’idea’. Gesù è una persona viva, reale, concreta, presente ora qui, come siamo vivi e presenti noi ora qui tra di noi; ed anzi lo è di più, perché la sua persona è potenziata dalla sua condizione di ‘uomo nuovo’, di uomo risorto, di uomo-Dio! Con lui il contatto, il rapporto è possibile in ogni istante, in qualsiasi luogo, in qualsiasi circostanza e situazione; sempre, perché egli c’è!

Quanto la fede deve vincere il nostro senso di lontananza di Cristo, il senso di un Cristo distante, evanescente, quasi soltanto ‘idea’…! Quanto abbiamo bisogno di approfondire e rafforzare il senso e la consapevolezza della sua presenza; la ‘certezza’ della sua presenza! Non può essere serena, tranquilla e sentirsi sicura la vita senza la certezza della presenza di Cristo; le mancherebbe sempre qualcosa, o -meglio- Qualcuno. L’uomo soffrirebbe di fame e di sete, perché è vera la ‘pretesa’ di Gesù, pretesa che è offerta d’amore e di cura per noi e per il nostro destino: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai”.

Signore, aumenta la nostra fede!

don Giovanni Unterberger

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