2^ domenica di Quaresima – forma straordinaria

Giovanni Bellini – Trasfigurazione di Cristo – 1478-79

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(1Tess 4,1-7; Mt 17,1-9)

Domenica 13 marzo 2022, risalente al 4 marzo 2012

Il brano di san Paolo che abbiamo ascoltato nella prima lettura è preso dalla prima delle due lettere che Paolo scrisse alla comunità cristiana di Tessalonica. A quella comunità Paolo era molto legato affettivamente; arriva a dire a quei cristiani: “vi sono affezionato, mi siete cari, avrei desiderato, oltre che darvi il Vangelo, darvi anche la mia vita” (1 Tess 2,8). Noi, con le nostro parole, avremmo detto: “Vi voglio bene!”

Con essi Paolo osa, e nella seconda parte della lettera, quella che ci è stata proposta, prospetta loro mete di vita molto alte, li invita a un “di più”. “Voi siete già buoni, ma vi voglio buoni di più; voi siete già generosi e impegnati, ma vi voglio generosi e impegnati di più”.

Piace questo san Paolo che non si accontenta di poco, che è esigente e vuole i suoi cristiani “santi”. Ricorda loro infatti: “Questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione; Dio non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione”.

La santificazione, la santità è la misura alta della vita, è il contrario della mediocrità, della tiepidezza, del grigiore, del tirare avanti la vita “sanza ‘nfamia e sanza lodo”, direbbe Dante (Inferno, III, 36).

C’è, nel libro dell’Apocalisse, un rimprovero molto forte che Gesù fa contro la tiepidezza, la mediocrità della vita, un rimprovero che mi ha fatto sempre grande impressione; dice Gesù: “Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,15-16). Gesù non sopporta la mediocrità; fa fatica a sopportare la mediocrità. Gli piacciono gli spiriti vivi, generosi, intraprendenti, sempre in movimento, con ideali continuamente nuovi e alti davanti, con una voglia grande di crescere, di migliorarsi, di scalare le vette.

In vetta è più bello; in vetta si respira meglio, l’aria è più buona; in vetta il panorama è più vasto, si vedono luoghi e paesaggi che giù nella valle non si vedono. Vale la pena scalare le vette; sì, costa fatica, ma vale la pena.

Gesù si trasfigurò in alto, in cima ad un monte. Così è per tutti. Occorre salire.

Quando si va in montagna il segreto è affrontare la salita a piccoli passi, cadenzati, regolari, non di corsa. Chi parte di corsa in breve tempo si ferma. Occorre mettere un passo dopo l’altro; piccoli passi, ma fatti con perseveranza, con costanza, con ostinazione.

Così è anche nella vita spirituale. Non è sapienza voler affrontare tutte insieme le virtù, proporsi di diventare buoni su tutti i fronti; è maggiore sapienza individuare uno-due punti particolari di vita, qualche obiettivo preciso e su quello non mollare, su quello misurarsi ogni giorno, con forza, con sforzo, con decisione.

Il “di più”, la santificazione, che Paolo chiese ai cristiani di Tessalonica nella seconda parte della lettera, era su due versanti, il versante della castità e il versante della carità.

Il brano paolino di oggi ci ha presentato soltanto il primo, il versante della castità, occasione per noi, per tutto il popolo cristiano, di riflettere e di considerare questa virtù, di cui il mondo di oggi ha grande bisogno, e che in fondo è espressione alta di carità. Infatti la castità è dominio di sé, è “no” al proprio istinto e al proprio egoismo, e solo chi sa dominare se stesso, chi è padrone di sé, dei propri istinti e del proprio egoismo, è in condizione di amare, è capace di amare. Castità e carità sono tra loro molto vicine; vanno insieme, si danno la mano.

Il Vangelo ci ha presentato un Gesù tutto luminoso, splendente e bellissimo in alto sul monte. Fissiamo i nostri propositi e saliamo anche noi sul monte passo dopo passo; non restiamo in pianura.

Don Giovanni Unterberger

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