2^ domenica di Quaresima

Raffaello e Giulio Romano – Trasfigurazione – 1518-1520

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(Gn 15,5-12.17-18;   Fil 3,17-4,1;   Lc 9,28b-36)

Sabato 12 marzo 2022, risalente a sabato 23 febbraio 2013

Ho visto Dio in un uomo”. Chi era quest’uomo in cui un famoso avvocato di Lione (si era nel 1800) vide un’immagine, una presenza così forte di Dio, tanto da dire: “Ho visto Dio in un uomo”? Era il santo Curato d’Ars, quest’uomo; un piccolo prete di campagna, parroco di un paese di trecento anime, non affidabile, secondo i criteri umani, per un incarico più impegnativo. In Seminario aveva fatto molta fatica negli studi, tanto che qualche sacerdote suo insegnante non lo riteneva adatto a fare il prete, perché troppo poco intelligente e troppo poco preparato nelle scienze teologiche necessarie da conoscere per un pastore d’anime.

Quell’avvocato di Lione era ateo e miscredente, eppure vide Dio in quel piccolo e poco acculturato prete. Il santo Curato d’Ars era un uomo di preghiera, pregava molto; era un uomo di penitenza, passava in confessionale anche quattordici-quindici ore al giorno; era uomo di carità, aveva istituito una piccola Casa della Provvidenza, ove accoglieva i bambini rifiutati e abbandonati. Dio si faceva vedere in lui. La gente vedeva Dio in lui.

È ciò che videro, in una maniera ancora più forte e più eclatante, Pietro, Giacomo e Giovanni sul monte Tabor il giorno della Trasfigurazione di Gesù. Videro in Gesù la gloria di Dio. Il volto di Gesù divenne splendente come il sole, le sue vesti divennero candide come la luce; e Gesù manifestò la sua divinità. Quell’esperienza del Gesù-Dio doveva rafforzare gli apostoli nell’affrontare poi la prova della passione, quando Gesù sarebbe stato preso, torturato e crocifisso, ed essi avrebbero dovuto resistere nella prova, sicuri e fiduciosi nel Gesù-Dio.

Gesù potè  far trasparire la sua divinità anche nella sua umanità, perché tutta la sua umanità era costantemente rivolta e obbediente a Dio. Nulla faceva Gesù che non fosse secondo Dio, secondo il Padre. Il Padre era tutto per lui; era il suo centro di vita, il suo cibo. “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato”, disse egli un giorno (Gv 4,34).

Fare la volontà di Dio trasfigura; cibarsi della volontà di Dio trasfigura. La prima lettura ci ha raccontato di Abramo, della sua alleanza con Dio, un’alleanza con cui Abramo si affidò totalmente a Dio e credette in lui. L’affidarsi a Dio, il vivere in alleanza e in amicizia con Dio trasfigura in Dio, rende l’uomo simile e somigliante a Dio.

Quale somiglianza più bella di quella che ci fa assomigliare a Dio? Dio è bontà, è tenerezza, è misericordia, dicono i Salmi; Dio è luce, è amore, dice l’apostolo Giovanni. Ci può essere somiglianza più bella di quella che rende l’uomo bontà, tenerezza, misericordia, luce, amore? Come l’uomo dovrebbe tenere sempre davanti agli occhi Dio per trasformarsi in lui! “Tengo sempre davanti a me il Signore”, dice un salmo, e così diventerò simile a lui.

I nostri fratelli ortodossi e cattolici di rito orientale hanno nella loro teologia e nella loro spiritualità molto forte il concetto della “théosis”, il concetto della “divinizzazione”. La “théosis”, la divinizzazione dell’uomo è sentita come la meta, il traguardo della vita dell’uomo. L’uomo è chiamato a diventare “dio”. Dicono i Padri della Chiesa che il fine dell’Incarnazione di Cristo è la divinizzazione dell’uomo. Dio si è fatto uomo per fare l’uomo “dio”, cioè per renderlo partecipe della natura divina e per farlo simile e somigliante a Dio.

La “théosis”, secondo i nostri fratelli orientali, si articola in tre fasi, in tre momenti; il primo momento è quello della purificazione: l’uomo si impegna a lottare contro il peccato, contro i propri vizi, che deformano in lui la somiglianza con Dio. Il secondo momento è quello della “illuminazione”: l’uomo, con la preghiera del cuore, con una preghiera incessante e un continuo desiderio di Dio, si apre a lui e permette allo Spirito Santo di immettere nell’uomo la sua luce, la sua verità, i suoi doni, la sua grazia. E il terzo momento, il momento della “unione”, è quello in cui l’uomo viene profondamente unito a Dio, viene inserito e come sprofondato in lui; l’uomo e Dio formano un tutt’uno, una specie di matrimonio spirituale, che rende l’uomo totalmente simile a Dio e lo divinizza. Queste tre fasi, pur distinte, si compenetrano tra di loro; sempre sarà da lottare contro il peccato; sempre sarà il momento della preghiera e del desiderio continuo di Dio; e mentre si vivono le prime due fasi, viene avanti e si realizza la terza fase, quella dell’unione con Dio.

La Chiesa, con il tempo di quaresima, ci propone e ci invita a questo cammino di divinizzazione, di trasfigurazione. Anche noi siamo chiamati, attraverso un impegno forte di conversione e di preghiera, a trasfigurarci in Cristo, così che anche di noi chi ci accosta e ci avvicina possa dire: “ho visto Dio in un uomo”. Se ciò avverrà, avremo realizzato il massimo di noi, e avremo donato il massimo bene ai nostri fratelli.

Don Giovanni Unterberger

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