5^ domenica di Quaresima

Tiziano Vecellio – Cristo e l’adultera – 1511

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(Is 43,16-21;   Fil 3,8-14;   Gv 8,1-11)

Sabato 2 aprile 2022, risalente al 16 marzo 2013

Giove ha appeso al collo dell’uomo due bisacce – racconta una favola di Esopo -; la bisaccia che gli pende davanti, sul petto, è piena dei difetti altrui; quella che gli pende sulle spalle è piena dei difetti dell’uomo che la porta. Per questo l’uomo vede molto bene i difetti degli altri e non vede i propri”. Così recitava l’antica saggezza greca.

E Gesù disse ai Giudei pronti a condannare la donna sorpresa in adulterio: “Non è che abbiate anche voi qualche peccato sulla coscienza? siete proprio del tutto giusti voi? giusti fino in fondo? santi fino in fondo? Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro questa donna”. Le pietre caddero immediatamente dalle mani di qui giudici severi, spietati e ingiusti.

Gesù era l’unico giusto, l’unico senza peccato che avrebbe potuto scagliare la pietra e lapidare l’adultera, e invece la perdona. “Donna – le dice – nessuno ti ha condannata? Neanch’io ti condanno; va’, e d’ora in poi non peccare più”. Sant’Agostino, in un suo sermone, figurandosi la scena, e precisamente il momento in cui i Giudei accusatori se ne andarono uno ad uno lasciando Gesù e la donna soli l’uno di fronte all’altra, soli, loro due, dice: “Si trovarono di fronte ‘misera et misericordia’, la misera e la misericordia. E in quel confronto vinse la misericordia!”

C’è un particolare che ha del misterioso in questo episodio, ed è il gesto di Gesù che, interrogato dai Giudei se egli ritenesse che quella donna dovesse essere lapidata oppure no, prima ancora di rispondere, si china fino a terra e scrive col dito sulla terra. Furono scritti fiumi d’inchiostro per interpretare e spiegare questo gesto di Gesù, un gesto certamente simbolico.

Giovanni evangelista precisa che Gesù scrisse sulla terra “col dito”. Perché mai questa precisazione e questo interesse di Giovanni  per il dito di Gesù, fino a dire che egli scrisse a terra “col dito”?

Giovanni conosceva l’Antico Testamento, e sapeva bene di un dito importante che aveva scritto, il dito di Dio; Dio aveva scritto “col dito” la legge, i dieci comandamenti, sulle tavole di pietra date a Mosè, dice il libro del Deuteronomio (Dt 9,10). Quella legge diceva: “Non commettere adulterio” (Es 20,14), e comminava la lapidazione per chi avesse trasgredito tale comandamento (Dt 22,22-23). Quella donna, quindi, secondo l’antica legge andava lapidata. Ma ora Gesù, col suo “dito”, dito di Figlio di Dio, riscrive l’antica legge, e la riscrive in termini di misericordia. Egli non abolisce il comandamento: “Non sono venuto ad abolire la legge e i profeti – egli aveva detto – ma a dare compimento” (Mt 5,17); e difatti Gesù non dice “cosa buona” l’adulterio; dice alla donna infatti: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”; l’adulterio è e resta peccato grave, mancanza grave di fronte a Dio e al coniuge, ma anche per questo peccato c’è misericordia e possibilità di perdono. “Donna, io non ti condanno. D’ora in poi non peccare più”. Gesù riscrive la legge.

Anche questo Vangelo, come il Vangelo di domenica scorsa (il figliol prodigo riaccolto dal padre) ci parla di misericordia. Dio è misericordia. È misericordia per tutto, e sempre. E insieme questo Vangelo ci invita e ci spinge alla misericordia. “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”, esorta Gesù (Lc 6,36). E dice: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7). San Pietro Crisologo in un suo trattato scrive: “O uomo, sii tu stesso per te la regola della misericordia. Il modo con cui vuoi che si usi misericordia a te, usalo tu con gli altri. La larghezza di misericordia che vuoi per te, abbila per gli altri. Allora potrai chiedere misericordia a Dio ed egli te la concederà. Infatti chi domanda pietà, deve esercitarla; chi vuole che gli sia concesso un dono, deve aprire la sua mano agli altri. È un cattivo richiedente colui che nega agli altri ciò che domanda per sé”.

Tutti abbiamo bisogno di misericordia, e dobbiamo tutti vicendevolmente sapercela concedere. Un motivo forte che ci può aiutare ad essere misericordiosi con i fratelli che sbagliano, che hanno sbagliato, è che tante volte abbiamo sbagliato anche noi, e anche noi siamo bisognosi di essere perdonati. La consapevolezza e il riconoscimento di quanto siamo peccatori farà cadere dalle nostre menti tanti pensieri di giudizio e di condanna verso il nostro prossimo, farà cadere e impedirà alle nostre labbra di pronunciare parole dure e di critica, che come pietre colpirebbero i nostri fratelli, ferendoli e facendo loro del male. “Non lanciare sassi verso gli altri, tu che abiti in una casa di vetro”, dice un proverbio tedesco.

Proviamo a frugare un po’ di più nella bisaccia che abbiamo alle spalle, portiamola addirittura davanti, sul petto, per vederci dentro meglio, e ciò ci aiuterà ad essere più buoni, più comprensivi, più pazienti, più misericordiosi con il nostro prossimo. Non lanciamoci pietre gli uni gli altri, diamoci invece benevolmente la mano.

Don Giovanni Unterberger

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