2a domenica di Avvento (forma straordinaria)

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Rm 15,4-13;    Mt 11,2-10

Belluno, chiesa di s. Stefano, 4 dicembre 2016

La fede in Dio, in Gesù Cristo, può andare in crisi, può avere le sue tentazioni, le sue difficoltà. Penso che tutti noi che siamo qui, ed ogni uomo, abbia avuto nella sua vita, nel suo cammino esistenziale, momenti di difficoltà e di crisi di fede.

Li ebbe Giovanni Battista. Gesù fece di Giovanni Battista un elogio grandissimo: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Un uomo avvolto in morbide vesti? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta”. Eppure quel Giovanni così forte, così asceta e così santo, ebbe crisi di fede. A un certo punto non fu più certo che Gesù fosse il vero Messia, tanto che gli inviò due suoi discepoli a domandargli: “Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo attenderne un altro?” Il modo di agire di Gesù non era quello che Giovanni immaginava per il Messia.

C’è nella Bibbia un libro che è di una drammaticità unica; è il libro di Giobbe. Giobbe arriva ad accusare Dio, a contestarlo, a sfidarlo in maniera quasi assurda: “Tu, o Dio, mi maltratti; mi tratti come non merito; mi colpisci senza che io possa sottrarmi ai tuoi colpi; mi devi rendere ragione del tuo modo di agire con me”. Giobbe esige da Dio che Dio si giustifichi: non è Giobbe che sente di doversi giustificare davanti a Dio, ma è Dio, secondo Giobbe, che deve giustificarsi davanti a lui. Troppe sono le sofferenze che Dio ha permesso nella sua vita.

Dio alle volte fa problema, per quanto ci accade nella nostra vita, e per le cose orrende presenti nel mondo. Un Dio che si comporta così come si comporta, molte volte non ci va bene. “Quante volte noi desidereremmo -ebbe a dire papa Benedetto XVI- che Dio si mostrasse più forte. Che egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Noi soffriamo per la pazienza di Dio” (Omelia durante la Messa di inizio pontificato). E anche per quanto riguarda noi, quante volte vorremmo che Dio agisse diversamente!… Dio ci fa problema. Il suo modo d’agire è tanto lontano e differente dal nostro desiderio e dal nostro pensiero.

Papa Benedetto XVI, riflettendo sulla vita di Cristo, scrive nel suo libro su Gesù: “Gesù diventa uomo ma in maniera da poter essere ignorato dai contemporanei, dalle forze autorevoli della storia. Patisce e muore, e a noi viene da domandarci:‘Perché non ti sei opposto ai tuoi nemici? Perché non hai con vigore inconfutabile dimostrato loro che tu sei il Vivente, il Signore della vita e della morte? E perché, risorto, non ti sei manifestato al mondo, ma hai voluto arrivare all’umanità solo attraverso la fede dei pochi a cui ti sei manifestato?” (Gesù d Nazaret, Dall’ingresso a Gerusalemme fino alla risurrezione, pag. 306). E’ proprio dello stile di Dio agire in modo a noi spesso incomprensibile e misterioso.  Eppure, afferma papa Benedetto, “Dio costruisce nella grande storia dell’umanità, la sua storia” (ibid).

La nostra fede è messa alla prova. Dove attingeremo forza per la nostra fede? Giovanni nella sua crisi di fede mandò a consultare Gesù e ricevette da lui la sua parola: “Andate a dire a Giovanni…”. Noi attingeremo forza per la nostra fede dalla Parola del Signore. E’ la Parola del Signore che ci illumina, ci conforta, ci sostiene nelle nostre crisi di fede, e ci dà sicurezza là dove le cose umane non ci danno sicurezza. La Parola di Dio ci assicura che Dio è Padre; che Dio tiene tutto nelle sue mani; che Dio ci accompagna e si ricorda di noi; che Dio sa volgere tutto al bene, perché egli è più forte di tutto il male che esiste e che potrebbe esistere. La Parola di Dio cura le crisi di fede.

Noi attendiamo nel Natale la nascita della Parola incarnata, la nascita del Verbo fatto uomo; ma già possediasmo la sua parola, quella che egli pronunciò sulle colline di Galilea, in Palestina. Ci teniamo stretti a quella parola; la leggiamo e la meditiamo; la facciamo nostra. Avremo fede.

don Giovanni Unterberger

 

 

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