5^ domenica di Pasqua

Rosso Fiorentino – Cristo risorto in gloria – 1528-1530

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(At 14,21b-27;   Ap 21,1-5a ;   Gv 13,31-33a. 34-35)

Sabato 14 maggio 2022, risalente al 27 aprile 2013

Gesù è a tavola con i suoi apostoli per l’ultima cena. Giuda ha appena lasciato quella tavola per andare a tradire Gesù, e l’ombra della passione imminente raggiunge e avvolge il Signore. Si tratta ormai di poche ore. E Gesù parla della sua passione in termini sorprendenti, in termini che egli solo avrebbe potuto usare; noi non saremmo mai riusciti ad esprimerci così; egli parla della sua passione in termini di “gloria”. “Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, egli dice; e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito”.

La passione di Gesù è “gloria”; è gloria di Gesù e gloria del Padre. In che senso? come può essere che la passione di Gesù sia gloria di Gesù e gloria del Padre?

Per l’evangelista Giovanni la gloria di una persona sta nel suo amore; una persona è tanto più gloriosa quanto più ama. La gloria di una persona -lascia intendere Giovanni- non sta nell’imporsi; non sta nella forza; non sta nel sapere; sta nell’amare. Ora, chi più glorioso di Gesù che ha amato fino alla croce? e chi più glorioso del Padre che “ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” per la nostra salvezza? (Gv 3,16). Gesù e il Padre sono veramente “gloriosi”! Dio è “glorioso”! La gloria di Dio sta nella sua straordinaria capacità e misura di dono. Noi diciamo “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo”. Perché diciamo “gloria” a Dio? Perché Dio ama ed è amore.

E’ significativo che al discorso sulla passione-gloria Gesù unisca il comandamento dell’amore e dica: “Questo vi comando, che vi amiate gli uni gli altri”. E’ come dire: “anche voi siete chiamati ad essere “gloriosi”; anche voi potete e dovete esserlo. Come per me, e come per il Padre, la vostra vera gloria sta nell’amare. Siate anche voi “gloriosi” per l’amore, come sono “glorioso” io e come è “glorioso” il Padre, che siamo amore.

Si racconta di un monastero veramente “glorioso”. Quel monastero aveva un monaco portinaio molto buono, affabile e gentile, che attirava l’affetto della gente che si presentava alla porta. Un giorno un contadino gli portò un bel cesto d’uva per ringraziarlo della sua bontà, e il monaco portinaio si disse tra sé: “Lo porterò al padre abate, che si occupa di tutti noi e si prende cura di tutto il monastero”. Il padre abate, ricevuto il cesto d’uva, si disse: “Lo donerò al novizio appena entrato, così che si senta accolto e ben voluto”. Il novizio, a sua volta, si disse: “Questo cesto voglio portarlo al monaco ammalato che abbiamo in monastero, perché si riprenda un po’”. E il monaco ammalato si disse: “Questo cesto lo donerò al monaco cuoco, che mi prepara sempre una pietanza a parte e si occupa tanto di me”. E il monaco cuoco si disse: “Questo cesto lo merita il nostro monaco portinaio, che è tanto gentile, e che con la sua gentilezza fa sì che al monastero arrivi ogni ben di Dio”; e portò il cesto d’uva al confratello portinaio.

Si tratta di una fiaba, ma di una fiaba che dipinge un monastero veramente “glorioso”. La “gloria” sta nell’amore.

“Gloriosi” sono i santi; “glorioso” è colui che si dona, colui che serve, colui che sopporta, colui che perdona, colui che si spende per i fratelli. San Paolo nella lettera agli Efesini dice che Gesù è all’opera per rendere la sua Chiesa “tutta gloriosa, senza macchia e senza rughe, santa e immacolata” (Ef 5,27). La Chiesa sarà senza macchia e senza rughe, sarà santa e “gloriosa” quando sarà tutta amore, tutta carità. Allora splenderà nel mondo quale astro lucente, come dice ancora san Paolo ((Fil 2,15), e la sua “gloria” attirerà a sé tutti i popoli. Noi possiamo essere “gloria” nella Chiesa, noi possiamo renderla “gloriosa” con la nostra carità.

don Giovanni Unterberger

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