6° Domenica del Tempo Ordinario

(Is 58,7-19; 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16)

Duomo, sabato 15 febbraio 2014

Coloro che quel giorno udirono da Gesù le parole che abbiamo udito noi ora -da Gesù seduto sulle pendici di una delle colline sovrastanti il lago di Genezareth- saranno rimasti senza fiato, stupiti come non mai! Quel rabbì di Nazareth prendeva in mano la Legge di Dio, quella che Dio aveva consegnato a Mosè sul Sinai, e la completava, la perfezionava, la riproponeva secondo il suo personale pensiero. “In antico, sul Sinai, vi fu detto: ‘non uccidere’, ma io vi dico: ‘neanche dovete adirarvi con il vostro fratello’. In antico vi fu detto: ‘non commettere adulterio, ma io vi dico: ‘neanche dovete guardare una donna per desiderarla; avreste già commesso adulterio con lei nel vostro cuore’”.

Quel rabbì di Nazareth si prendeva la libertà e il diritto di manomettere la Legge di Dio, di interpretarla, di riproporla in modo nuovo, in modo suo personale. Com’era possibile? Come osava farlo? Solo Dio può ritoccare la propria Legge! Che quel rabbì di Nazareth avesse l’autorità di Dio? che fosse l’inviato di Dio? che fosse egli stesso Dio? In effetti Gesù, completando e perfezionando la Legge di Dio, dimostrava di essere Dio anche lui; il Figlio di Dio, il Figlio del Padre che è nei cieli. E la gente rimaneva stupita.

Ma la meraviglia e lo stupore degli ascoltatori di Gesù quel giorno dovettero svilupparsi anche su di un altro fronte: le cose che egli andava dicendo erano cose prima di allora mai udite, prima di allora mai pronunciate da nessuno. Mai nessuno aveva detto: “Se insulti il tuo fratello, e gli dici ‘stupido’ o ‘pazzo’, meriti di essere giudicato dal Sinedrio”, il tribunale supremo, il tribunale che poteva condannare anche a morte. Mai nessuno aveva detto: “Chi ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio”.

Erano parole, quelle, pesanti come macigni; erano parole che prendevano la vita, che cambiavano la vita. Ben diverse dalle parole degli scribi e dei farisei che dicevano: “Prima dei pasti dovete lavarvi le mani e le braccia fino al gomito” (Mc 7,3); “Se passate di sabato per i campi di grano, e il grano è già maturo, guai a voi se cogliete delle spighe e ne mangiate i chicchi” (Mc 2,23-24); “Vi raccomandiamo, dovete pagare al tempio la decima della menta, dell’anéto e del cumino” (Mt 23,23). Le parole di Gesù erano di ben altro tenore; erano diverse, erano grandi, erano forti, erano esigenti, erano coinvolgenti la vita.

Anche a noi quelle parole possono apparire di eccessivo spessore; la Legge nuova di Gesù, ben più esigente di quella antica del Sinai, ci può lasciare perplessi, e far dire: “E’ troppo! Come faremo? È esagerato ciò che Gesù ci chiede!”

E, d’altra parte, non possiamo negare che quelle parole esercitano su di noi un richiamo, quasi un fascino. Il nostro cuore sente che sarebbe bello vivere così; riuscire a mettere in pratica quelle parole, seguire quegli insegnamenti. Il mondo sarebbe diverso; le nostre vite, i nostri rapporti sarebbero diversi, se tra di noi fossimo così miti da non arrabbiarci mai; se fossimo capaci di non lasciarci uscire di bocca nessuna parola ingiuriosa; se riuscissimo a rimanere totalmente fedeli al nostro patto nuziale; se avessimo un occhio e uno sguardo così puro e così limpido da non voler mai trattare da oggetto della nostra concupiscenza alcuna persona; se fossimo capaci di essere sempre e in tutto sinceri, per cui il “sì” è “sì” e il “no” è “no”. Il mondo sarebbe diverso; tutto sarebbe diverso!

E’ un ideale altissimo quello che Gesù ci addita; un ideale di perfezione, un ideale di santità. Un ideale, certo, più in su e superiore alle nostre forze, ma il Signore Gesù che ce lo propone è pronto ad aiutarci; è al nostro fianco per sostenerci nello sforzo, per rialzarci ogni volta che fossimo caduti. Con lui è possibile ciò che alle nostre sole forze non sarebbe possibile.

Il segreto è domandare, il segreto è chiedere, il segreto è pregare. Sant’Agostino diceva: “Dammi, Signore, ciò che chiedi, e chiedimi ciò che vuoi”. Preghiamo anche noi così, come sant’Agostino: “Signore, aiutami! tu mi vuoi buono, tu mi vuoi santo; dammi ciò che mi domandi, dammi la bontà, dammi la santità,  e io allora sarò buono, e sarò santo”.

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