3° Domenica dopo Pasqua

(1 Pt 2,11-19; Gv 16,16-22)

11 maggio 2014

Dovette essere una cena faticosa quella del primo Giovedì Santo nel cenacolo. Gesù aveva un parlare grave, affettuoso ma addolorato. Diceva cose che non erano del tutto chiare, o, meglio, che gli apostoli non riuscivano del tutto a capire, a comprendere, a fare proprie.

E gli apostoli si domandavano: “Che cosa intende dire Gesù? Egli dice: ‘Ancora un poco e non mi vedrete, un poco ancora e mi vedrete’ Che cosa vuol dire?” La comunicazione degli apostoli con Gesù era in quel momento come interrotta; il loro rapporto col Maestro, con l’Amico, era disturbato dal non capire; e ne soffriva. È sofferenza quando non ci si capisce, quando non ci si comprende, quando si rimane impenetrabili l’uno all’altro e non si riesce a fare comunione, unità.

Ciò accade tra noi uomini, ma ciò può accadere anche tra noi e Dio. Quante domande possono salire dal cuore dell’uomo a Dio, e restare come senza risposta! “Io grido a te, o Signore, e tu non rispondi”, dice il salmista (Sal 22,3); “Signore, perché dormi? Svegliati! Ascolta la mia voce e vieni in mio aiuto!”, dice ancora il salmista (Sal 44,24-25).

Quante volte sarà salita dalla terra al cielo la domanda: “Signore, perché quella cosa? Perché quel terremoto? Perché quell’ingiustizia? Perché questo mio dolore? Perché questa mia croce?” E la domanda è rimasta senza risposta. Dio è sembrato muto. Perfino il Figlio di Dio, Gesù, nel momento del suo massimo dolore, sulla croce, gridò al Padre, tanto che disse. “Padre, tu mi hai abbandonato; perché mi hai abbandonato?” (Mt 27,46).

Il silenzio di Dio diventa allora per noi il momento della fede. Diventa il momento dell’andare avanti senza capire; il momento dell’affidarsi al disegno misterioso di Dio, credendo che pure nel dolore c’è un disegno buono di salvezza.

Ricordo d’aver letto questa bella immagine in un libro: “La vita – diceva quel libro – è fatta di tante cose, alcune gioiose, alcune dolorose, alcune tumultuose, alcune misteriose e incomprensibili… La vita è come una tovaglia ricamata; noi ora qui ne vediamo il rovescio. Il rovescio di una tovaglia ricamata è tutto un groviglio di fili, un insieme di nodi, di fili che si accavallano e si sormontano l’un l’altro senza ordine e senza senso; ma se noi quella tovaglia la giriamo, e ne osserviamo il diritto, vediamo il disegno, vediamo il ricamo, vediamo quanto è bella quella tovaglia! Così è la nostra vita, concludeva il libro. Un giorno il Signore, nell’eternità, ci mostrerà il diritto della nostra vita, e noi ne rimarremo stupiti, ammirati, e loderemo Dio, lo ringrazieremo di tutto, di ogni filo della nostra vita, delle gioie e dei dolori, dei successi e degli insuccessi, delle vittorie e delle sconfitte; di tutto, proprio di tutto! Perché è vera la parola di Dio riferita da san Paolo: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28). Tutto concorre al bene!”

Il tempo di Pasqua ci fa guardare a Gesù risorto. Gesù risorto, quando appariva agli apostoli, appariva loro con le piaghe alle mani, ai piedi, al costato. Gesù risorto porta ancor oggi, in cielo, le piaghe nel suo corpo. Quelle piaghe, ora, non sono più doloranti, sono sfolgoranti di luce, sono il segno glorioso che risplende in eterno del suo amore. Così sarà per ogni piaga dell’uomo, specialmente per quelle piaghe che sono il segno di un atto d’amore.

Saranno in cielo piaghe sfolgoranti di luce le piaghe di un torto subito e perdonato; le piaghe di una sofferenza sopportata e offerta; le piaghe di un atto di carità compiuto con fatica ma con generosità. Saranno piaghe di luce! Non temiamo di essere piagati di queste piaghe; esse saranno la nostra gloria, la nostra gioia, la nostra ricompensa.

Viviamo la vita, anche nei suoi aspetti di sofferenza e di fatica, con fede e con fiducia; il diritto della tovaglia del nostro vivere quaggiù, il Signore un giorno ce lo mostrerà; e sarà bello. Può essere che qualche nostra domanda che rivolgiamo al Signore non riceva da lui risposta sensibile e immediata; può essere che in molte cose egli ci resti mistero muto e incomprensibile; ma un giorno egli ci darà risposta su tutto, ci darà risposta di tutto. Diciamo allora: “Signore, aumenta la nostra fede! Signore, noi ci fidiamo di te!”

 

 

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