26° Domenica del Tempo ordinario

(Ez 18,25-28;   Fil 2,1-11;   Mt 20, 1-16)

Duomo, sabato 27settembre 2014

Penso che Gesù non avrebbe potuto usare parole più offensive nei riguardi dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo di quelle che ora abbiamo sentito pronunciare da lui nel Vangelo: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio”. Gesù le rivolse alle guide religiose del popolo, i detentori della Legge, le persone religiosamente in autorità, coloro che in mezzo al popolo rivestivano l’autorità stessa di Mosè, anzi l’autorità stessa di Dio!

Gesù non intendeva certo offendere i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo; e le sue parole non erano in se stesse offensive; erano la pura verità. Potevano essere avvertite come offensive dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo a causa del loro malanimo, della loro superba presunzione di essere assolutamente nel giusto, nella via della verità e della giustizia davanti a Dio; a causa della loro piena convinzione di non avere affatto bisogno di correzione, di conversione. Ma Gesù disse loro: “Voi non siete nel giusto”.

Perché non erano nel giusto i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo? Perché facevano parte di quelle persone che avevano detto ‘sì’ a Dio, ma non compivano la sua volontà. Erano simboleggiati dal figlio della parabola che aveva detto: “sì, padre, vado nella vigna a lavorare”, ma poi non ci andò.

Si era presentato in Israele Giovanni il battista a predicare un rinnovamento spirituale e un vero ritorno al Signore; i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo avevano ora davanti a sé Gesù stesso, la verità di Dio, il Maestro sommo e supremo; ma davanti a Giovanni il battista e a Gesù i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo non si erano convertiti, erano rimasti chiusi in se stessi; avevano dato un assenso a Dio secondo i propri schemi, le proprie idee, come piaceva a loro, e non come Dio, nella persona di Giovanni il battista e di Gesù, chiedeva. E invece i pubblicani, come Matteo, Zaccheo; le prostitute come la prostituta che bagnò i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e anche Maria Maddalena ed altre donne si erano convertiti, avevano abbandonato la loro vita di peccato e si erano fatti discepoli del Signore. Costoro erano più vicini a Dio dei capi dei sacerdoti e degli anziani del popolo.

Qual è l’avvertimento per noi da questo Vangelo?: “Attenti a non essere persone del ‘sì’ a parole, e del ‘no’ con i fatti”. La coerenza tra fede e vita è il grande problema.

Credo in Dio, lo credo il Bene supremo e sommo, ma alle volte a lui, Bene supremo e sommo, preferisco beni molto più piccoli e più meschini; alle volte addirittura beni in contrasto con lui. Credo che Dio è provvidenza e presenza alla mia vita, ma spesso vivo le mie situazioni da solo, come se Dio non esistesse, o non si curasse di me, e sono triste, malinconico, sfiduciato, arrabbiato.

Credo che nel fratello, nella sorella, in ogni persona, è presente il Signore, ma spesso tratto il mio prossimo non ravvisando affatto in lui il volto di Gesù. Credo nella vita eterna e nella vita oltre questa vita, ma abitualmente vivo come se tutto dovesse risolversi quaggiù, prigioniero di questo mondo e di questa terra. Fede e vita; coerenza tra il credere e il vivere…..

Alle volte si sente lanciare da chi non crede un’accusa forte e bruciante contro chi crede ed è praticante: “Voi che andate in chiesa siete peggiori di chi in chiesa non ci va”. E’ un’accusa che ha il sapore delle parole di Gesù ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel regno di Dio”. Lasciamo cadere e non giudichiamo l’animo di chi ci facesse questa accusa; forse quell’animo non è del tutto buono; ma, lungi dal sentirci offesi da quelle parole, facciamone tesoro per interrogarci circa la nostra coerenza di vita col ‘credo’ che professiamo; circa la verità, l’autenticità, la misura della nostra sequela di Cristo.

Potrebbe accadere addirittura che un musulmano, un induista, un pagano che segue la sua coscienza e che compie il bene che sente di dover fare, sia più vicino a Dio e più nel regno di Dio di noi che siamo cristiani, qualora noi dicessimo di ‘sì’ a Dio a parole, ma gli dicessimo poi di ‘no’ con i fatti.

“Signore, siamo deboli, siamo fragili, siamo tirati verso il basso, ma vogliamo essere coerenti. Vogliamo vivere secondo ciò che crediamo. Aiutaci tu con la tua onnipotenza, e facci ‘sì’; fa’ che noi siamo per te solo ‘sì’.

Don Giovanni Unterberger

 

 

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