29° Domenica del Tempo ordinario (forma ordinaria)

(Is 53,10-11;   Ebr 4,14-16;   Mc 10,35-45)

Duomo di Belluno, sabato 17 ottobre 2015

Fu un sasso gettato in uno stagno che lo mosse tutto, la richiesta di Giacomo e Giovanni, fatta a Gesù, di poter occupare i primi posti nel regno che Gesù avrebbe instaurato. Lo stagno era il resto del gruppo degli apostoli, e quello stagno s’intorbidò tutto. Per la verità, il sasso lanciato nello stagno non era un bel sasso, era un sasso di orgoglio e di superbia; e lo stagno rispose irritandosi e arrabbiandosi sull’onda, anch’esso, dell’orgoglio e della superbia. Quel giorno non dovette essere un giorno di quiete e di pace per il gruppo degli apostoli; i loro animi dovettero essere in subbuglio, agitati, levati gli uni contro gli altri. E Gesù avrà avuto il suo bel da fare quel giorno a quietarli, a calmarli e ad educarli all’umiltà.

Fa impressione, ed è insegnamento edavvertimento per noi, un fatto: il fatto che gli apostoli, che già da tempo seguivano Gesù, lo avevano sentito parlare, avevano intravvisto il suo pensiero, fossero ancora tanto lontani da lui, fossero ancora tanto ‘spostati’ rispetto a lui, rispetto al suo modo di vedere le cose e al suo modo di vivere.

E’ possibile seguire Gesù, ritenersi seguaci di Gesù, ed essere ancora ‘spostati’ da lui, attestati su altre posizioni, diverse dalle sue. Lo si vede spesso nei Vangeli. Pietro dice: “Tu, Gesù, non devi finire in croce”, e Gesù dice: “Questo è il disegno del Padre su di me” (Mc 8,31-33). Giovanni dice: “Gesù, c’è un tale che scaccia i demoni nel tuo nome e non è dei nostri”, e Gesù gli dice: “Lascialo fare, se fa del bene è per noi” (Lc 9,49-50). Giacomo e Giovanni dicono: “Gesù, vuoi che chiediamo a Dio che faccia scendere il fuoco a incendiare questo villaggio di samaritani che non ci accoglie?”, e Gesù risponde; “Ma cosa dite?!” (Lc 9,51-55). Erano seguaci di Gesù, eppure ancora lontani da lui.

Anche il Vangelo di questa domenica ci dice questo. Gesù era il servo degli uomini, venuto per servire e non per essere servito, e gli apostoli inseguivano pensieri e desideri di gloria, di potere, di superiorità sul prossimo. La lezione di Gesù era all’umiltà, all’umiltà che porta al servizio, e il modello era lui stesso, l’umile, il servo; ma gli apostoli erano ‘altrove’. Forse anche noi siamo ancora ‘altrove’ rispetto a Gesù.

L’umiltà porta al servizio ed è fonte di pace; l’orgoglio, la superbia spinge a voler essere al di sopra degli altri, ed è sorgente di malessere, di liti, di contese. Sul finire dell’anno 1958 papa Giovanni XXIII consacrò vescovo Albino Luciani e, ricevendolo in udienza, gli indicò da leggere alcune righe dell’ “Imitazione di Cristo”, al capitolo ventitré del libro terzo. Lì è Gesù che parla al suo discepolo, e gli dice: “Figlio, ora ti mostro la via della pace e della vera libertà”. Il discepolo risponde: “Fa’, o Signore, ciò che dici, perché mi è gradito sentirlo”. E Gesù riprende: “Cerca, figlio, di fare la volontà altrui e non la tua. Scegli sempre di avere meno, e non più. Cerca sempre di occupare l’ultimo posto, e di essere sottomesso a tutti. Desidera e prega che si compia interamente in te la volontà di Dio. Colui che fa tali cose entra nel regno della pace e della quiete”.

L’umile è davvero nella pace; il superbo è sempre agitato dentro di sé, perché ha sempre qualcuno da scavalcare, qualcuno al di sopra di cui porsi. L’umile non ha rivali; il superbo ha tanti rivali, tanti rivali da superare e da vincere. Il superbo è causa di scompiglio, di disturbo, di malessere e di conflitto là dove vive, proprio come furono quel giorno Giacomo e Giovanni con la loro richiesta dei primi posti nel regno di Gesù. Quel giorno tutto il gruppo degli apostoli fu disturbato e in agitazione.

Da dove vengono, infatti, tante inimicizie, tanti allontanamenti delle persone le une dalle altre, tanti contrasti, se non dalla superbia? La Sacra Scrittura chiama la superbia ‘il grande peccato’, e prega così: “Dall’orgoglio, o Dio, salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato” (Sal 10,14). La superbia è il grande peccato; l’umiltà è la grande virtù. Gesù ci insegna l’umiltà; ce la insegna con le parole e ce la insegna con l’esempio, con la vita; lui, l’umile per eccellenza, il Dio fatto uomo che si umiliò fino alla morte, e alla morte di croce. Per amore nostro. Per portare salvezza al mondo e vincere la nostra superbia.

don Giovanni Unterberger

 

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.