Domenica della Santa Famiglia di Nazareth (forma ordinaria)

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(1Sam 1,20-22. 24-28;   1Gv 3,1-2. 21-24;   Lc 2,41-52)

Duomo di Belluno, 29 dicembre 2018

Festa della santa famiglia di Nazareth. “Strana coppia, quella di Maria e Giuseppe -scrive don Giussani- lei desiderava di essere tutta di Dio e chiamata da Dio invece ad essere madre in modo inusuale, e lui, volendo solo un matrimonio giusto secondo la legge di Mosè, spinto al contrario ad assumersi una paternità irregolare e, per quel tempo, sconveniente. Entrambi hanno dovuto imparare che il compimento della propria vita non consisteva in un loro progetto, ma nel rapporto con un Altro. Dio, nel loro matrimonio. Maria e Giuseppe ci appaiono pertanto non protesi a cercare l’uno dall’altro il compimento di se stessi e della propria vita, ma a cercarlo nel proprio personale riferimento al Signore”.

Nessuno -ce lo dice l’esperienza- riesce ad essere compimento pieno e risposta esaustiva al cuore di un’altra persona; il cuore di ogni uomo e di ogni donna è bisogno di totalità e di infinito, cosa che nessuno al mondo gli può dare; solo Dio. E’ decisivo, per un matrimonio, il riferimento al Signore, vero compimento del cuore degli sposi.

Chesterton, il celebre scrittore inglese, ebbe a scrivere: “C’è un aspetto per il quale i matrimoni falliscono quasi certamente: cercano di raggiungere uno scopo impossibile. Il desiderio di venerazione è profondo e insito nella natura umana, ma deve essere diretto a Dio. Avendo perso l’idea di Dio, molti uomini e donne iniziano la loro vita matrimoniale venerandosi l’un l’altro. E così arriva la delusione. Nessun uomo può essere tutto per sua moglie e nessuna donna può essere tutto per il marito: solo Dio infinito può essere tutto per l’uomo e per la donna, che egli ha creato per lui. Se Dio è messo sul trono del matrimonio, nel matrimonio entra un enorme potere, la grazia di portare i limiti e gli errori dell’altro, la forza di amarsi e di essere fedeli l’uno all’altra”.

Il salmo 122 è il salmo che parla del matrimonio e della famiglia; inizia così: “Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori; se il Signore non costruisce la città, invano veglia il custode. Invano vi alzate di buon mattino, tardi andate a riposare e mangiate pane di sudore”. Non sono sufficienti le forze dell’uomo e della donna per un buon matrimonio.  C’è il ‘desiderio’ e il ‘bisogno’ di comunione, ma non la ‘capacità’ di attuarla.

Dio disse al profeta Ezechiele: “Prendi due bastoni, su uno scrivi ‘Giuda’, sull’altro ‘Giuseppe’ (i nomi dei due regni di Israele divisi e in lotta tra di loro da quattrocento anni) e tienili uniti nella tua mano in modo che formino una cosa sola. Se gli israeliti ti chiederanno cosa significhi ciò che fai, dirai loro: il Signore prenderà in mano i due regni, e nella sua mano essi diventeranno una cosa sola, un unico regno” (Ez 37,15-19). E’ nella misura che gli sposi si lasciano prendere in mano da Dio, che diventano capaci di comunione e di unità, capaci di essere famiglia: resi tali dalla potenza di Dio.

Di qui l’importanza e la necessità che ciascuno degli sposi coltivi il proprio rapporto con il Signore, la propria personale relazione con lui, attraverso la preghiera, il desiderio e lo sforzo di ascoltare Dio e di fare la sua volontà, attraverso il desiderio e lo sforzo di vivere il matrimonio e la vita di famiglia come lui indica e vuole. I raggi alla circonferenza di una ruota sono distanti tra loro, ma quanto più si avvicinano al centro, al perno della ruota, tanto più vengono a trovarsi vicini. E’ in Dio che è possibile l’unità.

Maria e Giuseppe hanno messo Dio al centro della loro vita, della loro relazione sponsale, e la loro relazione sponsale fu buona e santa; essa è ancora oggi esempio e modello alle nostre famiglie, che in Dio possono trovare serenità, pace, concordia e salvezza.

don Giovanni Unterberger

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