Domenica di Settuagesima

Giuseppe Arcimboldo – Autunno – 1573

clicca QUI per scaricare l’omelia

( 1 Cor 9,24-27; Mt 20,1-16)

domenica 5 febbraio 2023, risalente al 16 febbraio 2014

Che fortuna trovare lavoro! Che fortuna che uno ti dica. “Ti do lavoro, ti offro da lavorare”. È sofferenza grande rimanere disoccupati e non avere nulla da fare. Immaginiamo la contentezza degli operai della parabola che abbiamo ascoltato, nel sentirsi dire da quel ricco proprietario terriero: “Andate nella mia vigna; ho bisogno di operai; ho bisogno che andiate a vendemmiare nella mia vigna. Vi darò la ricompensa, la paga che è giusto che riceviate”.

Saranno stati felici anche gli operai della prima ora, quelli ingaggiati all’alba, sebbene avessero davanti tutta una giornata di fatica e di lavoro appesantito dalla calura, dal caldo della stagione. Solo alla fine, alla sera, la loro gioia scomparve e divennero scuri in volto, ma per un altro motivo, per un motivo brutto, per l’invidia nei confronti degli altri operai che, pur avendo lavorato meno, ricevettero la stessa ricompensa.

Essere chiamati a lavorare è una grazia. È una grazia grande essere chiamati a lavorare dal Re dei re, dal Signore dei signori, da Dio stesso, da Dio in persona!

Egli non ha una vigna in cui mandarci a raccogliere uva, ha qualcosa di ben più grande, di ben più importante e di più prezioso in cui ingaggiarci: ha lo stesso suo Regno per cui impiegarci.

Dio ha un disegno, ha un progetto straordinario, ha un’opera meravigliosa che vuole che si realizzi: è il paradiso; è il paradiso per tutti gli uomini; è la salvezza del mondo, la salvezza di ogni creatura. Per questo disegno, per questa sua opera, Dio cerca operai; cerca anche noi. Ci lasceremo ingaggiare?

Il nostro occhio è miope, è quasi cieco. Vede solo a una spanna dal naso, e invece l’orizzonte è grande, è immenso, è straordinariamente bello!

Cosa riusciamo a vedere noi, ordinariamente, nella nostra vita, nelle nostre giornate? Vediamo lavoro; vediamo vita di famiglia; vediamo fatiche; vediamo impegni di vario genere da espletare. Ma non è tutto qui; non è tutto e solo questa la realtà! La realtà è che con tutte queste cose, con ogni giornata, con ogni momento di vita, con ogni gesto, con ogni azione noi possiamo costruire il paradiso, noi possiamo costruire la salvezza eterna, nostra e di tutti; quella salvezza che ci farà felici per sempre in cielo.

Il nostro vivere bene quaggiù costruisce paradiso. Il nostro vivere bene quaggiù salva anime. La mia preghiera, il mio sforzo di amare, la pazienza che porto di fronte alle contrarietà, le sofferenze offerte a Dio, l’impegno nel mio lavoro svolto e compiuto secondo la sua volontà… tutto questo salva anime, aiuta i peccatori a convertirsi; sostiene la fede dei cristiani perseguitati nel mondo; aiuta chi è in ricerca della fede, crea unità e riconciliazione tra le persone, chissà dove e chissà come; sostiene la fiducia in Dio dei morenti; ottiene luce ai pastori della Chiesa.

In questa “vigna”, il Signore ci vuole al lavoro; in quest’opera meravigliosa egli ci vuole ingaggiare. Ogni nostro gesto può essere fatto in modo che porti frutti così buoni, così belli e così santi. Non è un bel lavoro quello a cui Dio ci chiama? Non è un lavoro entusiasmante? Un lavoro che esalta ogni nostro momento di vita?

In questo lavoro dobbiamo mettere tutta la nostra buona volontà. Ogni pigrizia appare, ed è, ingiustificata. Tale è il bene che possiamo operare, che ogni lentezza risulta essere omissione brutta e colpevole.

Ecco che allora sentiamo molto appropriato e molto tempestivo l’invito dell’apostolo Paolo a “correre”. Egli, rivolgendosi ai Corinzi, scrive: “Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo”. Paolo ci invita a correre. Siamo nello stadio di questo mondo, di questa vita, e siamo chiamati a “correre”. Non a camminare, non a passeggiare, ma a “correre”!

Oggi, domenica di Settuagesima, i paramenti del sacerdote sono di color viola. Sono preludio alla quaresima. Già oggi la Chiesa ci invita ad affrettare il passo, a prendere in mano la nostra vita, a darle un sussulto d’impegno e di generosità.

Il Regno di Dio, la salvezza del mondo, il paradiso, hanno bisogno di operari, di operai operosi, di operai generosi.

Vorremo essere anche noi tra questi operai? Grande, altissima e infinita sarà la mercede, la ricompensa, che il Signore darà ai suoi servi fedeli.

Don Giovanni Unterberger

Questa voce è stata pubblicata in Omelie di Don Giovanni. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.