(Ez 17,22-24; 2Cor 5,6-10; Mc 4,26-34)
Duomo di Belluno, sabato 20 giugno 2015
Dice un salmo: “Il Signore non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenterà, non prenderà sonno, il custode di Israele. Egli veglierà su di te quando esci e quando entri, ora e sempre” (Sal 121,3-4. 8). E’ la professione di fede di un pio israelita, che afferma e proclama la sua certezza di essere sempre sotto lo sguardo vigile, premuroso e buono di Dio. “Dio – egli dice – non patisce sonno, non si assopisce e non si addormenta; egli mi guarda sempre e si prende sempre cura di me”.
Dicendo: “Non si addormenta, non prende sonno il mio custode”, il salmista polemizza sottilmente con la religione cananea a contatto con la quale egli viveva. Per i cananei, pagani, gli déi si addormentavano e si risvegliavano periodicamente. La loro religione era una religione legata ai cicli della natura, all’alternarsi delle stagioni; per cui gli déi, che presiedevano ai cicli della natura e all’alternanza delle stagioni, seguivano essi stessi tali cicli, si addormentavano d’inverno e si risvegliavano a primavera; con la natura. “Il nostro Dio – dice il salmista – non si addormenta mai; è sempre sveglio, vigile, giorno e notte, in ogni stagione, inverno e primavera”.
Santa Teresa di Lisieux nell’anno che precedette la sua morte, ammalata e fortemente sofferente per una dolorosissima tubercolosi ossea, fu colpita contemporaneamente da un’altra prova assai dolorosa: ebbe l’impressione che tutto ciò in cui aveva creduto (Dio, il suo amore, la sua salvezza, il paradiso l’aldilà, tutto ciò che aveva dato senso alla sua vita di religiosa carmelitana), fosse una grande colossale illusione. Dio le si era come eclissato completamente; non lo sentiva più, non lo vedeva più. Eppure Dio era certamente con lei.
La beata Madre Teresa di Calcutta, dopo l’esperienza mistica che l’aiutò ad intraprendere la sua missione di soccorritrice dei più poveri tra i poveri, trascorse quarant’anni, come lei stessa confidò al sacerdote suo confessore, nella più completa e totale aridità spirituale. Eppure Dio non poteva averla abbandonata.
Queste sante rivissero, nella misura consentita ad una creatura umana, l’esperienza di immenso dolore di Gesù in croce, quando egli gridò dall’abisso della sua estrema solitudine: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Mc 15,34). Certamente Dio non poteva aver abbandonato Gesù! Se c’era un momento in cui il Padre aveva lo sguardo e il cuore rivolti a lui era proprio quel momento: il momento della suprema sofferenza del Figlio; il momento della suprema offerta della vita, che Gesù stava facendo.
Sul muro, a destra dell’ingresso della chiesa di san Rocco, un affresco raffigura la Crocifissione: rappresenta Gesù in croce e il Padre che sostiene i bracci della croce, con sopra la presenza dello Spirito Santo sotto forma di colomba. Il Padre era accanto, vicinissimo a suo Figlio in croce; lo sosteneva, lo reggeva nel suo dolore e nel suo patire.
La vita di ogni uomo si imbatte, lungo il suo percorso, in tempeste, difficoltà, prove alle volte dure, faticose e persistenti, che sembrano più forti delle forze dell’uomo. E Dio sembra assente. L’episodio del Vangelo che abbiamo ascoltato ne è perfetta immagine.
Gli apostoli erano in mezzo alla bufera; il forte vento gettava l’acqua del lago nella loro barca che “era ormai piena”, dice il Vangelo, ed essi in un certo senso erano senza Gesù: Gesù dormiva… Gridarono: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?”. E’ il grido che alle volte sale dal cuore anche a noi quando siamo nel dolore e nella prova. Grido simile a quello del salmo 44: “Svegliati, perché dormi, Signore? Destati, non respingerci per sempre. Perché nascondi il tuo volto, dimentichi la nostra miseria e oppressione? Sorgi, vieni in nostro aiuto, salvaci per la tua misericordia” (Sal 44,24-27).
Quella, sera sul lago, Gesù si svegliò al grido degli apostoli, minacciò il vento e disse: “Taci, calmati”, e si fece grande bonaccia. Gesù non permise che gli apostoli andassero a fondo. Gesù non permetterà che andiamo a fondo neanche noi. Egli è con noi, è sulla nostra barca; è dentro la barca della nostra vita. Ciò che ci è chiesto è avere fede. Gesù rimproverò gli apostoli quella sera e disse: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”
La fede ci tiene su. La fede che il Signore è con noi. che non ci lascerà mancare la grazia necessaria ci sostiene, ci fa capaci di affrontare ogni avversità e ogni dolore. Non da soli, ma con lui. Con lui che è con noi. Con lui che “non si addormenta e non prende sonno”; con lui che non è un dio cananeo, ma è il Dio vero; il Dio che sempre è con le sue creature, specialmente nel dolore, anche qualora noi non ne percepissimo la presenza e lo sentissimo lontano, assente. Egli è con noi.