Alla ‘pietas’ nei confronti di Dio ebbi la grazia di essere stato educato fin da piccolo. In famiglia eravamo in molti: papà, mamma, e nove fratelli. Alla sera i nostri genitori, appena cenato, ci raccoglievano tutti per la recita del Rosario. Tutti in ginocchio. La mamma precedeva, dicendo la prima parte dell’Ave Maria, noi seguivamo con la seconda parte. A cinque-sei anni non sempre ne avevo voglia, e spesso mi addormentavo. Ma una cosa che a quell’età mi fece grande impressione fu il vedere mio papà inginocchiato a terra anche lui come noi, a pregare. Per me il papà, piccolo com’ero, era il ‘non plus ultra’. Lo vedevo durante il giorno gestire bene il nostro negozio, trattare la gente da signore, con sicurezza; avvertivo la stima che le persone avevano per lui. Dentro di me sentivo: “Mio papà è un grande!”. Il vederlo, la sera, inginocchiato a terra anche lui, davanti a Dio, fu per me una rivelazione; capii che Dio doveva essere molto grande, grandissimo, se mio papà stava in ginocchio davanti a lui!
La mia ‘pietas’ verso Dio fu segnata, e lo è ancor oggi, da una grande riverenza verso il Signore. Lo sento amico, padre, salvatore, vicino a me, ma insieme lo sento grande, infinito, immenso, santissimo; lo sento ‘Signore’, ‘Re dei re’; lo sento ‘Sua Maestà’, specialmente quando celebro i Santi Misteri. Davanti a lui avverto il bisogno di inginocchiarmi, di prostrarmi, di adorare. Sento che non posso trattarlo con troppa disinvoltura, con la confidenza che posso avere verso qualsiasi altro amico.
Crescendo la mia ‘pietas’ verso Dio si arricchì di un’altra dimensione, una dimensione amorosa. Conobbi quanto è buono il Signore, quanto ha fatto per me. Mi commosse la sua Croce, il suo sangue versato per la mia salvezza, il suo perdono che sempre mi riaccoglie dopo ogni tradimento ed ogni peccato. Crebbi nell’amore, nel volergli bene, in una ‘pietas’ fatta di affetto, di tenerezza e di riconoscenza. “Gesù, ti voglio bene” è la preghiera che più mi esce dal cuore.
Divenni sacerdote, e la mia ‘pietas’ si arricchì ancora. L’essere stato costituito un ‘alter Christus’ mi ha legato in modo più forte e più stretto al Signore. La mia ‘pietas’ è diventata eucaristica. Il celebrare ogni giorno il Sacrificio della Croce mi chiama e mi aiuta a conformare la mia giornata e la mia vita a quel Sacrificio, a diventare io ‘corpo spezzato’ e ‘sangue versato’ per i miei fratelli. L’amministrare con frequenza il Sacramento della Riconciliazione e del perdono mi chiama e mi aiuta ad essere persona di riconciliazione e di misericordia.
La ‘pietas’ sacerdotale, il legame con Cristo sacerdote, è una grazia straordinaria e meravigliosa, una grazia di cui non riuscirò mai a ringraziare il Signore a sufficienza. Il santo Curato d’Ars diceva: “Se il sacerdote capisse fino in fondo chi egli è, e che cosa ha fatto di lui il Signore, morirebbe di gioia!”. La ‘pietas’ sacerdotale è un tesoro prezioso deposto nelle mani del sacerdote; tesoro che, come ogni altro tesoro, va custodito, difeso e alimentato. Un’insidia e un pericolo sempre presente per la ‘pietas’ sacerdotale è l’abitudine. E’ incredibile quanto ci si possa abituare anche alle realtà più grandi e più sante! Restai fortemente amareggiato quella volta che celebrando la Messa, al momento della consacrazione del Sangue di Cristo, mi capitò di dire: “Dopo la cena Gesù prese il calice del vino, lo spezzò (sic!), e lo diede ai suoi discepoli…”. Avevo ancora in mente le parole della consacrazione del Corpo di Cristo: “Gesù prese il pane, lo spezzò, e lo diede ai suoi discepoli…”. Pensai: quanto sono facile alla distrazione e all’abitudine! perfino nei momenti più santi e più solenni… E pregai: “Signore, salvami dall’abitudine!”.
La ‘pietas’ sacerdotale ha bisogno di essere custodita anche in molti altri modi. E’ vero che ‘l’abito non fa il monaco’, ma è anche vero che il monaco porta il suo abito. E’ bello (ed è obbedienza all’Autorità della Chiesa che lo richiede) che il sacerdote vesta l’abito sacerdotale; è un segno che ‘difende’ la sua persona, il suo essere sacerdote, e insieme è un richiamo a Dio e alle cose del Cielo per i fedeli che lo vedono vestito col suo proprio abito, i quali vengono così conservati e alimentati nella loro ‘pietas’ dovuta al sacerdote. E non era forse bello, molto ricco di spiritualità e di ‘pietas’ sacerdotale, il saluto che una volta i fedeli rivolgevano al sacerdote: “Sia lodato Gesù Cristo!”? Non potremmo riprenderlo? Custodia ed espressione della ‘pietas’ sacerdotale, poi, è il comportamento dignitoso, direi ‘nobile’, sia del sacerdote che dei fedeli nei riguardi del sacerdote. Così come il linguaggio e il parlare, che non devono mai scadere in grossolanità, in doppi sensi, in volgarità.
La ‘pietas’ sacerdotale chiede al sacerdote di essere segno fedele di Cristo in mezzo al popolo di Dio, segno di Cristo ‘buon pastore’ che dà la vita per le sue pecorelle. Nel sacerdote la gente dovrebbe poter vedere, almeno un po’, Gesù stesso, il volto di Gesù, il cuore di Gesù. Vocazione altissima, che impegna il sacerdote nella sua debolezza. Il sacerdote deve molto pregare per la propria ‘pietas’. E ha bisogno che per la sua ‘pietas’ preghino molto i fedeli e tutta la Chiesa.