Domenica di Pasqua 2016

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(At 10,34a.37-43;   Col 3,1-4;   Gv 20,1-9)

Duomo di Belluno e chiesa di s. Stefano, 27 marzo 2016

“Christòs anésti” ( Хριστòς  ͗ανέστη ), si dicono oggi i nostri fratelli cristiani d’Oriente. “Christòs anésti” sono due parole greche che significano: “Cristo è risorto” E’ il saluto con il quale i nostri fratelli di Oriente si salutano il giorno di pasqua. Noi diciamo: “Buona pasqua!”; essi dicono: “Christòs anésti!”, Cristo è risorto; si annunciano vicendevolmente così la risurrezione del Signore.

Noi non abbiamo visto il Signore risorto, ma c’è chi lo ha visto. Maria Maddalena lo ha visto; Pietro, Giovanni, gli altri apostoli lo hanno visto; più di cinquecento persone lo hanno visto in una sola volta, ci ha lasciato scritto san Paolo (1Cor 15,6). Gesù è apparso, si è fatto vedere risorto.

Occorre fede per credere nella risurrezione del Signore. Non tanto per credere nel fatto in se stesso: crediamo che Gesù sia risorto, ma per credere agli effetti, alle ricadute sulla nostra vita di quell’evento particolare e straordinario.

Che cosa significa per noi che Gesù sia risorto? Significa che egli è vivo; che non è rimasto chiuso in un sepolcro, ma che è qui. E’ qui; qui dove sono io, dove siete voi, dove è ciascuno di noi; sempre, in ogni luogo. “Gesù è con me, mi è accanto, mi è vicino”, può dire ciascuno di noi: ecco la sfida della fede, la bella sfida della fede! sfida che noi tante volte non sappiamo cogliere, e che tante volte perdiamo! E ci sentiamo soli, abbandonati, disorientati, incapaci di muoverci, di reagire; senza forze, senza entusiasmo, senza gioia e senza speranza; vinti dagli eventi della vita.

Ma dov’è allora la pasqua? E’ di duemila anni fa soltanto, e non più di oggi? La pasqua è di sempre; Cristo risorto è di sempre! “Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”, egli ci ha promesso ed assicurato (Mt 28,20). Oh, se sapessimo credere a queste parole! Se la nostra fede ci facesse certi della verità di queste parole, e fosse capace di farci capire e credere che Gesù non è un fantasma, non è un’idea, non è un annuncio, ma è una persona vera, viva, accanto a noi, presente dentro le vicende del nostro camminare! Quanto Cristo potrebbe allora agire nella nostra vita! Perché, ad impedirgli di agire e a rendergli impossibile operare, è la nostra incredulità, semplicemente la nostra incredulità…

Chi sa di avere Gesù vicino, chi sa parlare con lui, chi si fonda sulla sua presenza e sulla sua forza, chi sa gustare la sua amicizia, chi è sicuro di lui e lo ha compagno in tutto ciò che vive, gioie e dolori, preoccupazioni e speranze, fatiche e riposo, gode di una grande pace, di una grande serenità; nulla lo turba, o se lo turba non lo abbatte, non lo getta a terra, non lo avvelena. Gesù presente lo salva.

“Lieto come una pasqua”, recita un detto popolare. La letizia della pasqua nasce e sgorga proprio dal Cristo risorto e dal Cristo con noi. Le donne e gli apostoli il mattino di pasqua hanno fatto fatica a credere nella risurrezione di Gesù: la Maddalena, non trovando il corpo di Gesù nel sepolcro, pensò che fosse stato trafugato; e a colui che immaginò fosse il custode del giardino disse: “Se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo” (Gv 20,15). E’ nella fede che noi viviamo la pasqua; è la fede che fa sì che sia ‘pasqua’ per noi oggi, anno duemilasedici, e lo sia sempre, ogni giorno della nostra vita.

Con fede, dunque, diciamoci e ripetiamoci: “Christòs anésti!”, Cristo è risorto! è risorto ed è qui! qui con me. E se sentiamo di avere poca fede, se la nostra fede è debole e dubita ancora, diciamo “Signore, aumenta la mia fede! Io credo: tu sei risorto”.

don Giovanni Unterberger

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