Festa di San Giuseppe artigiano (forma straordinaria)

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(Col 3,14-15. 17. 23-24; Mt 13,54-58)

Belluno, chiesa di santo Stefano, 1 maggio 2016

Oggi, primo maggio, la Chiesa festeggia san Giuseppe. San Giuseppe fu lo sposo di Maria, sposo casto e premuroso; sposo che ebbe il coraggio, per amore, di prendere con sé come sposa Maria che a Nazareth la gente riteneva una poco di buono, essendo rimasta incinta prima di andare ad abitare col suo sposo. Giuseppe fu il padre putativo di Gesù, colui al quale Dio Padre pensò di affidare il suo Figlio incarnato perché lo custodisse, lo crescesse, lo introducesse da adulto nella società ebraica del tempo.

Ma la festa di oggi lo considera in particolare come lavoratore, come uomo che si guadagnò il pane con la fatica di ogni giorno; e che con la fatica di ogni giorno provvide al sostentamento della famiglia, Maria e Gesù.

Giuseppe faceva il falegname. Abbiamo sentito nel Vangelo la gente di Nazareth dire di Gesù: “Non è egli forse il figlio del falegname?” Il testo greco del Vangelo per indicare la professione di Giuseppe usa la parola ‘tékton’ ( τέκτων ) che significa ‘falegname’, ma anche ‘carpentiere’, uomo atto a svolgere lavori vari in un cantiere di costruzioni. San Giustino, scrittore del secondo secolo d.C., dice che Giuseppe costruiva aratri e gioghi per animali. Giuseppe poteva avere anche una competenza più ampia che il semplice lavoro di falegname; gli studiosi pensano come cosa probabile che Giuseppe abbia trovato lavoro e occupazione nel grande cantiere allora in atto nella località di Séfforis, a sei kilometri a nord di Nazareth, ove il re Erode Antipa stava costruendo la sua capitale in Galilea. Tale capitale fu costruita tra il 10 e il 20 d.C., quando Gesù aveva dai quindici ai venticinque anni; ed è pensabile che Giuseppe abbia portato con sé Gesù a lavorare alla costruzione di quella città.

Giuseppe lavoratore è proposto dalla Chiesa  a modello di ogni lavoratore.

Il lavoro è condizione naturale dell’uomo. La persona umana è dotata ed ha in sé un capitale di qualità e di potenzialità che chiede di essere espresso, che chiede di agire e di operare. Il lavoro perfeziona, completa la persona umana che, se rimasse inerte ed oziosa, rimarrebbe povera e sterile. Il libro della Genesi dice che Dio pose Adamo nel giardino dell’Eden “perché lo custodisse e lo coltivasse” (Gn 2,15), cioè lo lavorasse.

Il lavoro rende l’uomo collaboratore di Dio creatore, gli dà dignità, in quanto permette all’uomo di portare avanti l’opera creatrice di Dio, e di rendere il mondo più bello e più vivibile di quanto sia uscito dalle mani stesse del Creatore.

Dopo il peccato il lavoro è diventato duro e di faticoso. Ad Adamo che aveva peccato Dio disse: “Con dolore trarrai il cibo dal suolo; con il sudore del tuo volto mangerai il pane” (Gn 3,17. 19). Il lavoro può diventare, in tal modo, penitenza per il peccato, riscatto dalla colpa, fonte di merito.

San Giuseppe dovette essere fedele e generoso nel suo lavoro. Avrà sentito anche la responsabilità di avere Gesù accanto a sé a cui dare esempio di laboriosità e a cui trasmettere l’arte della propria professione.

In questa sua festa vogliamo porre sotto la protezione di san Giuseppe tutto il mondo del lavoro con i suoi molteplici e gravi problemi; raccomandargli tutti i lavoratori; raccomandargli i disoccupati in cerca di lavoro; chiedergli che aiuti chi ha particolari responsabilità in campo economico per impostare le cose non sull’onda del mero profitto egoistico, ma sulla base della giustizia, dell’equità e della solidarietà. San Giuseppe ci aiuti.

don Giovanni Unterberger

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