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(Gr 20.10-13; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33)
Duomo di Belluno, sabato 24 giugno 2017
Gesù conforta i suoi discepoli nelle persecuzioni che dovranno subire e, a sostegno, offre loro una visuale ultraterrena. Il brano di Vangelo che abbiamo ora ascoltato fa parte di un brano più ampio in cui Gesù predice ai suoi discepoli oltraggi e sofferenze: “Vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno, sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome” (Mt 10,17-18. 22).
Ai suoi discepoli, perseguitati, Gesù assicura l’assistenza e l’aiuto di Dio, del Dio che si prende cura di ogni sua creatura, anche dei passeri. I passeri sono semplici uccelli, valgono poco (un soldo in due, dice Gesù); eppure nemmeno uno di essi perisce senza che Dio lo permetta. “Voi valete più di molti passeri”, dice. E addirittura Gesù afferma: “I capelli del vostro capo sono tutti contati”. Dio conosce il numero dei nostri capelli! Allora non abbiamo a temere. Dio ha cura di noi.
Gesù rassicura i suoi discepoli, e li rassicura, oltre che con la promessa dell’aiuto fedele di Dio, anche con un motivo più grande; dice: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate piuttosto paura di colui che ha il potere di far perire nella Geénna e l’anima e il corpo”. Gesù prevede che i suoi discepoli possano anche venire uccisi, possano anche essere messi a morte nella persecuzione, ma dice che quella non sarebbe ancora la rovina assoluta. C’è una rovina più grande della morte stessa che potrebbe colpire l’uomo, ed è quella di cadere nella Geénna, cioè di perdersi per l’eternità. C’è uno, ed è Satana, dice Gesù, che potrebbe far perire e corpo e anima per sempre.
Il pensiero della vita oltre questa vita, e la preoccupazione di vivere questa vita terrena in modo da non perdere la salvezza e la beatitudine nella vita eterna, dovrebbero essere un pensiero e una preoccupazione che ci accompagnano di continuo. “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?”, ammonisce Gesù (Lc 9,25). Questa vita terrena è in vista di quella eterna; questa vita terrena deve preparare la vita dell’eternità.
Il tempo che il bambino è in grembo alla madre è un tempo importante per il bambino. E’ importante che il bambino si formi bene nel grembo della madre, perché da come si sarà formato nel grembo della madre dipenderà molto della sua vita sulla terra. Analogamente il tempo della vita sulla terra per l’uomo è un tempo importante, perché da come si sarà formato nel tempo della vita sulla terra dipenderà la sua vita nell’eternità. Nell’eternità l’uomo, per essere salvo, dovrà presentarsi a Dio non troppo difforme da lui. Quanto più l’uomo si sarà formato somigliante a Dio, tanto più sarà salvo per sempre.
San Paolo nella lettera agli Efesini esorta: “Fratelli, fatevi imitatori di Dio”, diventate somiglianti a lui (Ef 5,1); nella lettera ai Romani esorta: “Rivestitevi del Signore Gesù” (Rm 13,14); e nella lettera ai Galati, parlando del suo ministero, dice: “Figli miei, io di continuo vi partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi” (Gal 4,19). Il grande impegno in questa vita è che si formi Cristo in noi, che noi viviamo come Cristo è vissuto, che le virtù di Cristo diventino le nostre virtù.
L’ ‘affare’ importante non è tanto salvare questa vita, quanto piuttosto assicurare salvata e felice quella dell’eternità. Salvata quella è salvato tutto, rovinata quella è rovinato tutto. Teniamoci stretto questo pensiero, teniamolo ben presente alla mente. San Bernardo di Chiaravalle si chiedeva spesso: “Quid hoc ad aeternitatem?” Che cosa serve questo per l’eternità? La favorisce, le è utile? O l’ostacola, le contraddice? Chiediamocelo spesso anche noi nelle scelte che facciamo, nel modo in cui viviamo. “Che cosa serve questo per la mia eternità?”
don Giovanni Unterberger