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(1Re 9a.11-13a; Rm 9,1-5; Mt 14,22-33)
Duomo di Belluno, sabato 12 agosto 2017
All’apostolo Pietro capitò una cosa proprio singolare, incredibile: camminare sull’acqua, muovere dei passi sull’acqua del lago di Genezareth restando a galla. Pietro, dopo un po’, cominciò ad affondare, perché lo prese la paura, ma per un certo tratto camminò sull’acqua. Aveva sfidato Gesù: “Signore, se sei tu -gli disse- comandami di venire verso di te sulle acque”, e Gesù gli disse: “Vieni!”. Quanto Gesù doveva essersi conficcato nel cuore di Pietro, perché Pietro avesse il coraggio e l’ardire di sfidarlo in quel modo; di sfidarlo fino al punto da mettere a rischio la propria stessa vita! Camminare sull’acqua!
Era capitato che Pietro e i suoi compagni avessero lavorato tutta una notte senza prendere nulla, e Gesù, all’alba, disse a Pietro: “Cala le reti per la pesca”. Pietro gettò le reti e pescò una quantità enorme di pesci (cfr Lc 5,4-11). Gesù gli doveva essere entrato profondamente nel cuore, per fidarsi di lui e obbedirgli a tal punto! Per andare contro l’evidenza, contro l’esperienza…
E ancora. Gesù un giorno disse alle folle: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna; se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita” (Gv 6,53-54). Ci fu una diserzione quasi totale dei discepoli di Gesù: quelle parole suonavano impossibili, inaccettabili, assurde…; ma Pietro disse: “Signore, noi restiamo con te, tu hai parole di vita eterna” (cfr Gv 6,68). Pietro aveva Gesù nel cuore. Quelle parole per lui erano vere, anche se incomprensibili alla mente.
Gesù gli era dentro, nella carne. Pietro si era sentito chiamare, si era sentito, un giorno, guardato da Gesù in modo unico, in un modo che lo aveva preso, conquistato, e quello sguardo, quella voce, non lo mollavano più: lo tenevano incollato alla persona del Signore. E poi la frequentazione di lui…!
Accadde che nel momento della Passione Pietro rinnegasse Gesù. Alla serva del sommo sacerdote che, con fare indiscreto, gli disse: “Anche tu sei dei suoi”, Pietro rispose: “Donna, non lo conosco”. Pietro in quel momento si dimostrò estraneo a Gesù, ma Gesù non era estraneo al suo cuore. Fu la paura a fargli dire: “Non lo conosco”, ma il suo cuore era di Gesù, e Gesù era del suo cuore, tanto che bastò che Gesù lo guardasse perché Pietro scoppiasse in pianto, pentito, come ci racconta l’evangelista Luca (cfr Lc 22,54-62).
Gesù dentro il cuore; Gesù non estraneo al cuore. Se un cristiano ha Gesù dentro il cuore, se lo ha veramente; se custodisce e tiene viva questa presenza dentro di sé e non permette che essa venga offuscata dall’abitudine, dalla distrazione, da un attivismo esagerato, la sua vita è tutta diversa; diventa nuova. Perché Gesù dentro il cuore tocca la vita, tocca il modo con cui uno si alza al mattino; con cui guarda il marito, la moglie; con cui va al lavoro; con cui si rapporta con chi l’ha offeso e lo tratta male; tocca il modo di guardare il bisognoso, il povero, l’extracomunitario; tocca tutto, tutta la vita; tocca la vita e la morte.
E Gesù non è reso estraneo al cuore neppure dal peccato, peccato di debolezza; perché dopo ogni peccato di debolezza il Gesù nel cuore spinge il cuore a cercarlo ancora, a tornare da lui, al Gesù del cuore. Come fu per Pietro.
Chiediamo all’apostolo un amore così; un attaccamento a Cristo così; la grazia di saper tenere Cristo vivo in noi come l’aveva vivo lui; ed allora succederà anche a noi di ‘camminare sull’acqua’, su situazioni che di per sé non terrebbero su.
don Giovanni Unterberger