29° Domenica del Tempo ordinario 2017 (forma ordinaria)

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(Ef 5,15-21;   Gv 4, 46-53)

Duomo di Belluno, sabato 21 ottobre 2017

Non possiamo omettere, prima di inoltrarci nel cuore di questo Vangelo, di osservare il modo con cui gli interlocutori di Gesù, quel giorno, si avvicinarono a lui. Gli si avvicinarono con animo ostile: “per vedere come cogliere in fallo Gesù”, nota il Vangelo. E Gesù avvertì quel loro animo e intento ostile; si rivolse a loro dicendo: “Ipocriti, perché volete mettermi alla prova?”.

Nonostante ciò, quelle persone, farisei ed erodiani, iniziarono con un grande elogio nei confronti di Gesù. Un elogio che in parte era adulatorio, perché erano ‘adulazione’ le parole: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità”. Non erano certo convinti, quei farisei ed erodiani, che Gesù insegnasse la verità; anzi, lo consideravano un falso maestro, che insegnava cose contrarie alla loro fede e alla Legge di Mosè, tanto da cercare di cogliere Gesù in fallo per poterlo accusare e condannare.

Invece furono vero elogio le altre loro parole: “Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno”. In realtà Gesù era un uomo ‘libero’, che non si lasciava ricattare e sviare dalla verità dal pensiero di nessuno; non si lasciava influenzare da amicizie, corrompere da interessi personali o di parte. Egli era e perseguiva la verità senza cedimenti, senza compromessi; era uomo ‘libero’, forte, sicuro; non si sarebbe mai spostato di un millimetro dalla verità per compiacere qualcuno. Così dovrebbe essere anche il cristiano, sul suo esempio: fisso e fermo nella verità.

Il quesito posto da farisei ed erodiani a Gesù avrebbe dovuto metterlo in imbarazzo e porlo in posizione da essere attaccato. “E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?”, gli chiedono. Se avesse risposto ‘sì’, sarebbe andato contro le aspirazioni di autonomia del popolo che aspirava ad essere liberato dal giogo straniero ed essere governato dal solo JHWH; se avesse risposto ‘no’, si sarebbe esposto all’accusa di sedizione contro Roma.

Gesù risponde con una risposta che lo preserva dalla trappola: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. C’è ‘Cesare’ e c’è Dio, egli dice; c’è lo Stato e c’è Dio; ci sono dei doveri verso lo Stato e dei doveri verso Dio. Dio non elimina lo Stato, e lo Stato non può eliminare Dio.

Pagare il tributo a ‘Cesare’ è lecito, ed anzi è doveroso. E’ doveroso -dice Gesù- riconoscere ‘Cesare’, dare il proprio apporto al mantenimento e al buon ordine di ‘Cesare’, cioè dello Stato. San Paolo nella lettera ai Romani tornerà su questo tema in modo molto chiaro: “Siate sottomessi alle autorità costituite, e non solo per timore della punizione, ma per ragioni di coscienza. Per questo dunque dovete pagare i tributi. Rendete ciò che è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse, le tasse; a chi il timore, il timore; a chi il rispetto, il rispetto” (Rm 13,5-7). Lo Stato, dunque, deve esistere, e dev’ essere sostenuto, in ciò che è giusto.

Ma c’è anche Dio. Anche a Dio deve essere reso qualcosa. A Dio va reso il massimo dell’onore, il massimo del rispetto, il massimo della sottomissione, il massimo dell’obbedienza, perché egli, Dio, è il massimo dell’autorità. La stessa autorità dello Stato viene da Dio; “non c’è autorità se non da Dio”, afferma san Paolo nel passo della lettera ai Romani appena citato (Rm 13,1).

Dio è al di sopra di tutto, anche dello Stato stesso. Lo Stato non può ritenersi autorità assoluta, senza Dio, o addirittura contro Dio. Lo Stato non ha il diritto di legiferare contro Dio, contro la sua legge, contro ciò che Dio ha stabilito e vuole.

E se lo Stato emanasse leggi contro la legge di Dio, i sudditi non sarebbero tenuti ad osservarle; anzi, sarebbero tenuti a disattenderle, a non adeguarvisi, a non obbedirvi. Varrebbero in questo caso le parole degli apostoli Pietro e Giovanni che, di fronte ad un comando ingiusto loro dato dal Sinedrio, dissero: “Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi” (At 4,19).

Le parole di Gesù sono sempre illuminanti; anche in questo caso parlano alla mente e indicano la strada.

don Giovanni Unterberger

 

 

 

 

 

 

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