29a domenica del Tempo Ordinario (forma ordinaria)

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(Is 53,10-11;   Ebr 4,14-16;   Mc 10,35-45)

Duomo di Belluno, sabato 20 ottobre 2018

Una volta che con una persona ragionavamo su quanto nell’uomo sia radicato l’‘io’, quella persona uscì in una battuta che ci fece sorridere tutti e due; disse: “A scuola insegnano i pronomi personali a partire dall’‘io’; fanno dire: ‘io dico, tu dici, egli dice’; ‘io vado, tu vai, egli va’; fanno cominciare dall’‘io’. Dovrebbero insegnare invece: ‘egli dice, tu dici, io dico’; ‘egli va, tu vai, io vado’; cioè educare a mettere gli altri avanti, e non il proprio ‘io’ avanti per primo. Già siamo tanto incentrati sull’‘io’!” Sorridemmo di fronte a questa fantasiosa e immaginaria proposta di un metodo scolastico nuovo; essa tuttavia conteneva una verità incontrovertibile: che a vincere l’‘io’ occorre educarsi; …non viene spontaneo.

I due apostoli Giacomo e Giovanni, di cui ci ha raccontato il Vangelo, dovevano avere un ‘io’ molto spiccato; chiesero a Gesù i primi posti accanto a lui: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Loro due prima degli altri, loro due più in su di tutti. E cosa accadde? Gli altri apostoli se la presero con Giacomo e Giovanni, e nel gruppo nacquero dissapori, contrasti, accuse e litigi.

Da che cosa, infatti, sono originate le divisioni, le lotte, le distanze, le separazioni e le guerre, se non dall’‘io’ egoista e superbo? Da dove partono i soprusi, le ingiustizie, le frodi e tutto ciò che disturba i rapporti tra le persone, se non da un ‘io’ egocentrico che non vede che se stesso? L’‘io’ egoista è un ‘io’ malato, e un ‘io’ che ammorba.

 “Tanto progredirai, quanto farai violenza al tuo ‘io’”, dice l’‘Imitazione di Cristo’ (libro I, cap. XXV, n.11). La lotta al proprio ‘io’ è cammino di libertà, cammino verso la libertà vera. L’uomo sente un’avversione istintiva e forte nei confronti di ogni tirannia, di ogni potere che volesse dominarlo e asservirlo. Ed è particolarmente sensibile nei confronti delle tirannie esterne a sé, quelle cioè che provenissero dall’esterno di lui; ma, e della tirannia interna, della tirannia del proprio ‘io’? Quanto siamo dominati, forse, dalla tirannia del nostro ‘io’! Quante volte agiamo, scegliamo, o anche solo parliamo, mossi e condizionati dal nostro ‘io’ che non sappiamo dominare, frenare e mortificare! Liberarsi dal proprio ‘io’, per essere ‘signori’ dentro di noi, non è cosa facile; richiede lotta, battaglia. Del grande Alessandro magno, che conquistò regni e terre sconfinate, fu detto: “Conquistò regni immensi, ma non conquistò se stesso, fu schiavo di se stesso”.

Gesù prese a educare i suoi apostoli invitandoli all’umiltà e al servizio: “Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e le opprimono; tra di voi però non dev’essere cos; chi vuole diventare grande tra di voi si faccia servitore, e chi vuole essere il primo si faccia schiavo di tutti”.

Ma come fare? Gesù presentò se stesso come esempio e modello in questo lavoro. L’uomo che guarda a Cristo, che si mette alla sua scuola, lo contempla, e soprattutto lo prega; gli dice e gli ridice con insistenza: ‘Gesù, mite e umile di cuore, rendi il mio cuore simile al tuo’, il che non è altro che ridire, in altro modo, le sue parole: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore” (Mt 11,29); costui, quest’uomo, comincerà a vincere il proprio ‘io’; perché l’uomo non è capace da solo di vincere il proprio ‘io’ egoista; solo con la grazia di Dio egli lo potrà sgretolare; e l’‘io’ egoista va sgretolato; perché solo con un ‘io’ vinto e sgretolato, l’uomo può essere uomo di pace e non di lite, uomo di comunione e non di divisione. Ripetiamo, dunque, spesso: ‘Gesù, mite e umile di cuore, rendi il mio cuore simile al tuo”.

 don Giovanni Unterberger

 

 

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