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(Gc 1,22-27; Gv 16,23-30)
Belluno, chiesa di s. Pietro, 26 maggio 2019
‘Da dove vengo? e dove vado? Qual è la mia origine, e quale la mia destinazione? Chi sono?’ Sono domande, queste, fondamentali, che giacciono nel fondo del cuore dell’uomo, e che di tanto in tanto affiorano alla sua coscienza. Domande che l’uomo rischia di ricacciare in fondo al cuore, perché impegnative, perché per un certo verso anche scomode e che costringono a pensare; ma pur domande ineludibili e fondamentali; domande che, tenute presenti, diventano altamente salutari e amiche dell’uomo; indicano la strada, orientano; tengono sulla strada al riparo da deviazioni e sbandamenti dannosi.
‘Da dove vengo? e dove vado?’ Gesù ce lo dice parlando di sé. La sera dell’ultima cena agli apostoli egli disse: “Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre”. Ecco: ciò che fu per lui, è per noi. Anche noi veniamo dal Padre, da Dio, e a Dio torniamo. Tali sono le coordinate fondamentali della nostra vita. Lungo il cammino dell’esistenza siamo chiamati ad occuparci di molte cose, e numerosi sono gli impegni cui dobbiamo fare fronte; sono molte le circostanze, le situazioni, ora liete e ora dolorose, che tendono a tenerci legati a sé, a limitare il nostro campo di visuale a loro sole, facendoci dimenticare l’orizzonte; invece l’orizzonte è che veniamo da Dio e a lui torniamo.
Veniamo da Dio; da un disegno e da una volontà precisi; non siamo frutto del caso: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo -dice san Paolo- che ci ha scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1,3-4); da sempre noi esistiamo nel pensiero di Dio, nel suo volere buono verso di noi; e il suo sguardo di Padre ci accompagna passo dopo passo, giorno dopo giorno; non c’è giorno in cui il suo occhio non vegli su di noi per aiutarci, per sostenerci e accompagnarci. Noi ricordiamo la nostra origine, la santa nostra Origine?
E teniamo presente il fine, la meta, a cui siamo diretti? E’ Dio, a cui dobbiamo tornare. E’ necessario che Dio sia presente in tutto ciò che viviamo e facciamo. “Sciocco è quel viaggiatore -dice san Gregorio Magno- che durante il suo percorso si ferma a guardare i bei prati e dimentica di andare là dove aveva intenzione di arrivare”. La dimenticanza di Dio, il tenerlo poco presente, il tenerlo presente solo di tanto in tanto e in modo vago, superficiale, così che incida poco nel vissuto concreto, è il grande peccato. La dimenticanza di Dio è il grande peccato. Da lì ogni altro peccato. Signore, che io non ti dimentichi! Signore, che io ti abbia sempre presente!
Una bella preghiera della Liturgia dice: “O Signore, ispira le nostre azioni e accompagnale con il tuo aiuto, perché ogni nostra parola e ogni nostra azione abbia da te il suo inizio e in te il suo compimento”. Tutto sia vissuto in Dio; e allora la nostra vita farà ‘centro’, e noi arriveremo perfettamente a Dio, nostro fine, per essere compiuti e felici per sempre.
don Giovanni Unterberger