Solennità di tutti i Santi (forma ordinaria)

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(Ap 7,2- 4. 9-14;   1Gv 3,1-3;   Mt 5,1-12a)

Duomo di Belluno, 1 novembre 2019

Com’è nata nella Chiesa la festa di Tutti i Santi? A Roma, nell’anno 27 a.C., il genero dell’imperatore Cesare Augusto, Marco Agrippa, aveva fatto costruire un tempio dedicato a tutti gli dèi, dèi pagani, chiamato in greco ‘Pàntheon ieròn’. Tale edificio, il Panteon, col passare del tempo e con la caduta dell’impero romano, perse il suo senso religioso e andò in disuso; nell’anno 609 papa Bonifacio IV lo trasformò in tempio cristiano, e lo dedicò in onore della Madonna e di tutti i martiri, facendovi trasportare dalle catacombe ben 28 carri di reliquie di santi martiri. La festa di tutti i martiri, che in quel tempio ogni anno si celebrava, fu estesa, due secoli dopo, nell’835, a tutti i santi, anche non martiri, da papa Gregorio IV, e fissata il 1° novembre.

Da allora la festa divenne sempre più ricca, perché innumerevoli santi si aggiunsero lungo i secoli, fino ai nostri giorni. La prima lettura ci ha parlato di ‘una moltitudine immensa che nessuno poteva contare’, tanto era grande, formata da gente ‘di ogni nazione, tribù, popolo e lingua’. I Santi in cielo lodano e ringraziano il Signore, in una solenne liturgia, per averli salvati e redenti, lavati e purificati col sangue di Cristo.

Alcuni Santi noi li conosciamo, ci sono noti; ma la maggior parte di essi ci restano sconosciuti, perché non hanno compiuto cose straordinarie in vita, né miracoli dopo la morte, sono vissuti nel silenzio e nella quotidianità; ma nell’obbedienza e nella fedeltà alla volontà di Dio. Fedeltà alla volontà di Dio è santità. Papa Francesco nell’Esortazione apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo ‘Gaudete et exultate’, scrive: “Santi sono i genitori che hanno cresciuto con amore i propri figli; uomini e donne che hanno lavorato con fatica e onestà per portare il pane a casa; i malati che con pazienza e fortezza d’animo hanno sostenuto la sofferenza della malattia e della solitudine; le religiose anziane degli Istituti che rischiano l’estinzione per mancanza di nuove leve e, nonostante tutto, continuano a sorridere. Santi che sono vissuti accanto a noi, che noi abbiamo conosciuto -e forse non riconosciuto come tali- e ci hanno svelato un riflesso della presenza benevola di Dio” (Gaudete et exultate, n. 7). Già sant’Agostino aveva scritto: “Il bel giardino del Cielo, fratelli, possiede non solo le rose dei martiri, ma anche i gigli dei vergini, l’edera di quelli che vivono nel matrimonio, le viole delle vedove. Nessuna categoria deve dubitare della propria chiamata alla santità” (S.Agostino, discorso 304).

Alla santità siamo chiamati anche noi. Il senso della festa di oggi non sarebbe del tutto vero e pieno, se si limitasse a spingerci solo ad ammirare e ad onorare i Santi, e non anche a volerli imitare, e a desiderare di camminare dietro i loro esempi. Il vescovo Guglielmo Giaquinta, nato a Noto, in Sicilia, nel 1914, e morto nel 1994, ora in via di beatificazione, aveva preso a programma della propria vita e del proprio ministero sacerdotale ed episcopale la santità. Aveva composto, e proposto alla sua diocesi, una preghiera che egli stesso recitava ogni mattina: “Signore, donaci dei santi. Donaci degli uomini di Dio, uomini pieni d’amore per te; uomini che non si possano guardare senza vederti, ascoltare senza sentirti; uomini che strappino il mondo dal materialismo, portandogli la tua salvezza. Signore, abbiamo bisogno di santi! Tu che sei l’autore della santità suscitali ovunque: tra i poveri come tra gli abbienti, tra gli umili come tra i sapienti, tra chi vive nel mondo e lo deve far lievitare con la sua testimonianza, come tra chi si è consacrato a te per affermare la tua trascendenza. Fa’ che ognuno comprenda che la santità è dono e conquista”.

Festa di Tutti i Santi, festa di santificazione. La santità costa, ma è certezza di paradiso. Vero uomo riuscito è il santo, perché diventato conforme al Santo per eccellenza, Cristo Gesù. Ci infonda il Signore nel cuore grandi desideri, alti e nobili sentimenti, aspirazioni di perfezione e santità.

don Giovanni Unterberger

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