3^ domenica di Avvento – forma ordinaria

Guido Reni – Il Battista nel deserto – 1640

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(Is 61,1-2. 10-11;   1Ts 5,16-24;   Gv 1,6-8. 19-28)

Duomo di Belluno, 13 dicembre 2020

“In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”, disse Giovanni Battista, uomo rude del deserto, agli inviati a lui dai farisei di Gerusalemme. Giovanni non poteva dare risposta più offensiva e più inquietante. “Ma come? Come può dirci che noi non conosciamo, che siamo all’oscuro -sarà stata la reazione dei farisei- noi che scrutiamo di continuo le Scritture, che sappiamo che cosa hanno detto i profeti e che osserviamo scrupolosamente la legge di Mosè?” E si saranno anche inquietati, quei farisei: “Chi sarà mai costui, di cui Giovanni parla? -si saranno chiesti-; non sarà mica un sovvertitore della nostra religione, quella tramandataci dai nostri padri?”.

Oggi, guardando il mondo, dobbiamo dire che il mondo conosce poco il Signore, vive e pensa in modo tanto differente da lui. Conoscere il Signore è una sfida. Noi, per grazia di Dio, lo conosciamo; abbiamo avuto il dono di genitori, nonni, persone di fede, che ci hanno parlato di lui fin da quand’eravamo bambini, e noi lo abbiamo accolto nella nostra vita. Tuttavia ci lasciamo toccare dalle parole del battista: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”. Chi può dire di conoscere abbastanza il Signore? di essergli sufficientemente familiare e intimo? Perché di familiarità e di intimità si tratta, quando la Bibbia parla di conoscenza e di conoscere. Il conoscere biblico non è mai cosa solo del pensiero, della ragione, ma è sempre condivisione profonda con la persona conosciuta, comunanza di pensiero e di vita con lei. Viviamo con Gesù? Noi l’abbiamo incontrato, ma in che misura egli è nella nostra vita? presente nelle nostre giornate?

“Pietro -scrive don Giussani- era un uomo di quaranta o cinquant’anni, con famiglia e figli, eppure così bambino di fronte al mistero di quel Gesù incontrato per caso! Immaginiamoci come si sarà sentito trapassare dallo sguardo del Signore che lo conosceva in ogni sua parte. ‘Ti chiamerai Cefa’, si sentì dire. Il suo caratteraccio era identificato con quella parola,‘pietra’; e l’ultimo pensiero era per lui immaginare che cosa il mistero di Dio, il mistero di quell’Uomo -Figlio di Dio- avrebbe fatto con quella pietra, di quella pietra. Dal primo incontro egli ingombrò tutto il suo animo, tutto il suo cuore. Con quella presenza dentro il cuore, con la memoria continua di lui, guardava la moglie e i bambini, i compagni di lavoro, i singoli e le folle, e pensava e si addormentava. Quell’uomo era diventato per lui come una grande, immensa rivelazione, da cui non riusciva a staccarsi. Provava per lui una simpatia suprema, sentiva che in sé tutto tendeva a lui; in ogni istante e circostanza”.

Questo è conoscere il Signore: fare in modo che il Signore, la sua persona, la memoria di lui, diventi nelle giornate un qualcosa che ci si impone, che ci accompagna, che diventa criterio di vita e di azione.

I farisei si inquietarono di fronte alla notizia che in mezzo al popolo c’era uno sconosciuto; lo temettero una minaccia. Noi sappiamo chi è Gesù: non un minaccia, ma un salvatore. Ce lo ha descritto Isaia nella prima lettura: viene a portare una bella notizia a noi, miseri; a fasciare i nostri cuori feriti; a liberarci dalle nostre schiavitù, le paure, i vizi, i peccati; a proclamare un tempo di grazia e a rivestirci di salvezza come di lucenti e preziosi gioielli. Non lo vorremo conoscere sempre di più questo Gesù? Non vorremo diventare sempre di più suoi, e che lui diventi sempre di più nostro?

Questa terza domenica d’Avvento è la domenica ‘Gaudete’, la domenica che invita alla gioia, dalle parole dell’Antifona d’ingresso “Rallegratevi sempre nel Signore”. Che non ci sia gioia nel conoscere Gesù, e nel conoscerlo sempre di più? una gioia sempre più grande?

don Giovanni Unterberger

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