2^ domenica del Tempo Ordinario

Domenico Ghirlandaio – Vocazione dei primi apostoli – 1841

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(1Sam 3,3b-10.19;   1Cor 6,13c-15a, 17-20;   Gv 1,35-42)

Duomo di Belluno, 17 gennaio 2021

Quello che i due discepoli di Giovanni Battista, Andrea e Giovanni, sperimentarono quel giorno sulle rive del Giordano fu così forte, che non lo dimenticarono più. A distanza di sessant’anni, infatti, Giovanni, nello scrivere il suo Vangelo, ricorderà ancora e noterà l’ora precisa di quell’evento; scriverà: “Erano circa le quattro del pomeriggio”.

I due discepoli si sentirono dire da Gesù: “Che cercate?” ; grande domanda! Che cosa cerca l’uomo? L’uomo cerca la felicità, ha bisogno di felicità come dell’aria. E la cerca. “Rabbì, dove dimori?”, risposero Andrea e Giovanni. Il testo greco ‘poù mèneis’ (ποῦ μένεις) non dice propriamente ‘dove dimori’ nel senso di dove abiti, dove stai di casa; ma ‘dove dimori’ nel senso di ‘chi sei? qual è il mistero della tua persona?’. Andrea e Giovanni sentirono il desiderio di conoscere Gesù, di entrare in intimità con lui. E Gesù a loro: “Venite e vedrete”; si concesse loro nella sua realtà di Messia.

Non ci viene riportato il contenuto dell’incontro, ma dall’effetto che esso ebbe sui due discepoli, capiamo che esso decise della loro vita. Andrea e Giovanni non si staccarono più da Gesù; rimasero come ‘incollati’ a lui, dice don Giussani. E don Giussani continua: “Ogni giorno, rimanendo con lui, sempre nuove manate di colla si aggiungevano al loro cuore. I farisei obiettavano: ‘Voi non osservate le leggi dei nostri padri’, ed essi non sapevano che cosa rispondere; dicevano: ‘Non sappiamo se non rispettiamo le leggi, ma noi siamo attaccati a quest’uomo’. E non era un attaccamento sentimentale, un fenomeno emozionale; era un fenomeno di ragione; di quella ragione che ti ‘attacca’ alla persona che hai davanti, in quanto è un giudizio di stima: guardandola, nasce una meraviglia di stima che ti fa attaccare ad essa. E non vi è neanche l’ombra della forzatura: ‘Se andiamo via da te, dove andiamo? Tu solo hai parole che spiegano la vita’, gli disse una volta Pietro a nome dei suoi compagni apostoli” (L. Giussani, Generare tracce nella storia del mondo, BUR 2019, pag.113-114). Ecco, essere di Cristo è l’essenza vera del Cristianesimo; “all’inizio dell’essere cristiano -scrive papa Benedetto XVI- non c’è una decisone etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.

Noi, per dono e grazia di Dio, abbiamo fatto questo incontro; e possiamo affermare che esso ha dato senso al nostro vivere, luce al nostro cammino, leggerezza al nostro cuore. Abbiamo avuto anche noi il nostro Giovanni Battista, e forse più di uno, che ci ha indicato Gesù e ci ha portati a lui. Ringraziamo queste persone. Ci restano due cose importanti da fare: rimanere attaccati a Cristo, e diventare missionari. Andrea andò subito a dire a suo fratello Simone: “Abbiamo trovato il Messia”, e lo condusse da Gesù. Anche noi, condurre qualcuno da Gesù; con la parola, nelle occasioni che ce lo rendessero possibile; con l’esempio, e ciò ci è sempre possibile; con la preghiera, e anche questo ci è sempre possibile. E poi, potrebbe essere che assegniamo questa intenzione a qualche nostra giornata. Ad esempio il venerdì, giorno della settimana che fa memoria della morte di Gesù in croce, del dono della sua vita per attirare tutti a sé (cfr Gv 12,32), potrebbe essere il giorno in cui offriamo a Dio tutto -preghiere, azoni, fatiche, sacrifici- perché qualcuno, in chissà quale parte del mondo, si lasci vincere dal Signore e si apra a lui. Possiamo essere veri missionari!

Ci aiutino dal cielo Andrea e Giovanni a legarci sempre più al Signore, e ad essere via per altri a lui.

don Giovanni Unterberger

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